La tradizionale conferenza di fine anno di Vladimir Putin è l’appuntamento simbolico in cui il leader russo tira le somme a 360 gradi sui dodici mesi appena trascorsi, dentro e fuori il paese. È naturalmente uno show propagandistico, ma contiene anche elementi importanti che aiutano a decifrare lo stato e gli obbiettivi del regime, nonché le prospettive nazionali e internazionali, da calare comunque nel contesto reale. Anche questa volta, come accaduto nel passato più recente, dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, l’accento è stato messo da un lato soprattutto sulle questioni del conflitto, definito esistenziale con tutto l’Occidente, e dall’altro su quelle economiche interne, legate tra di loro a causa delle sanzioni di USA, UE e G7.
In sintesi, il Cremlino ha mandato due messaggi, validi per il pubblico dentro e fuori la Russia, in cui viene sottolineata la stabilità e la resilienza del paese e la volontà di continuare la guerra sino alla vittoria. Misurate nella cornice attuale, al netto delle mezze verità o delle mezze bugie, le visioni putiniane corrispondono però più alla realtà di quanto spesso e volentieri non si voglia prendere atto in Occidente: è questo sempre il grande problema della narrazione falsata tra Europa e Stati Uniti, dove si guarda alla Russia non per quello che è, ma per come si vorrebbe che fosse.
La guerra
Il presidente russo è apparso fiducioso in sostanza nel successo in Ucraina e ha affermato che la situazione sta cambiando radicalmente, con l’avanzata lungo tutta la linea del fronte e la prospettiva di respingere oltre confine le truppe di Kiev ancora nella regione russa di Kursk. Soprattutto ha confermato la volontà di raggiungere gli obbiettivi, ipotizzando l’ulteriore utilizzo dei nuovi missili a medio raggio Oreshnik. Secondo Putin potrebbero anche essere lanciati contro strutture militari di Stati che hanno consentito all’Ucraina di utilizzare le armi da loro fornite contro obiettivi sul territorio russo. Non si tratta di nuove minacce, ma la reiterazione serve per tentare di aumentare la deterrenza, alla luce di quanto sta accadendo sul campo.
Rispetto allo scorso anno, soprattutto dopo l’inizio ad agosto dell’incursione ucraina verso Kursk, le forze di Mosca hanno guadagnato sensibilmente terreno e messo in difficoltà le difese ucraine nel Donbass, dove il quadro per Kiev si è fatto estremamente complicato. All’uso dei missili occidentali ATACMS e SCALP-Storm Shadow, la Russia ha risposto con l’Oreshnik che ha colpito a novembre Dnipro, segnando l’entrata in gioco di una nuova arma, che non sarà certo un game changer, ma ha calato sul tavolo una carta di peso. Quelle in mano al presidente ucraino Volodymr Zelensky sono invece sempre meno e l’affermazione per la quale il Donbass e la Crimea non sono militarmente riconquistabili è un’ammissione di impotenza che conferma come Putin abbia il coltello dalla parte del manico.
L’economia
Dal Cremlino si è evidenziato come il bilancio economico sia complessivamente soddisfacente, soprattutto se paragonato ai paesi industrializzati e nonostante le sanzioni comminate dall’Occidente. Putin ha parlato di una crescita del prodotto interno lordo del 3,9% nel 2024, forse addirittura del 4%, e se è vero che è stato di manica larga e resta da vedere in particolar modo come la Russia si muoverà nel prossimo biennio, è altrettanto vero che ad esempio la Germania è in recessione e la maggior parte degli stati europei ha una crescita molto inferiore. Se i critici osservano poi come sia l’economia di guerra a trainare la crescita ipotizzando il prossimo crollo, i più cauti indicano invece che la vera sfida sarà quella della transizione dopo il conflitto.
Il presidente russo ha ammesso in ogni caso che ci sono problemi nel controllo dell’inflazione, intorno al 9%, e i tassi di interesse saliti al 21% stanno mettendo l’economia del paese in qualche difficoltà. La consapevolezza che non sono tutte rose e fiori è insomma pubblica, anche se per Putin si aggiusterà tutto. Stando all’ultimo sondaggio del Levada Center, istituto indipendente classificato anche come “agente straniero” e non certo putiniano, due terzi dei russi ritiene che le cose nel paese stiano andando nella giusta direzione e la fiducia nei confronti del presidente rimane a livello record, all’87% a dicembre. Sistema politico, economico e sociale in Russia paiono dunque in definitiva stabili, senza rischi di improvvisi terremoti istituzionali, tonfi economici o rivolte sociali.
Zelensky chiede aiuto a Bruxelles
Telegiornale 19.12.2024, 12:30