È iniziato martedì al Congresso statunitense il processo per la destituzione di Donald Trump. Dopo l’impeachment approvato dalla Camera oltre un mese fa, il destino del presidente sarà deciso dal Senato, dove i repubblicani hanno una maggioranza di 53 seggi su 100.
Quello che si è aperto a Washington è il dibattito sulla procedura, dunque non una prima udienza, prevista invece mercoledì. I repubblicani proporranno le regole da approvare, a maggioranza semplice, durante la seduta.
Si punta ad un processo rapido, che nelle intenzioni dei conservatori porterà ad un’assoluzione di Donald Trump. Si tratta quindi di una truffa, sostengono gli esponenti del Partito Democratico, il cui leader al Senato, il cui leader al Senato, Chuck Schumer, ha chiesto emendamenti a queste regole. In particolare, con la richiesta di documenti alla Casa Bianca, legati alla decisione di Trump di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina in cambio di un’indagine sul suo avversario politico Joe Biden.
Proprio per questo motivo, i democratici alla Camera, lo scorso dicembre, hanno approvato l’impeachment, accusando Trump – che proprio oggi si trova in Svizzera per partecipare al WEF di Davos – di abuso di potere e di aver ostacolato l’inchiesta parlamentare.
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Formalmente, quello in corso è un vero e proprio processo, presieduto dal capo della Corte Suprema John Roberts. I senatori, nonostante siano a maggioranza repubblicana, il partito di Trump, hanno quindi giurato di rendere “giustizia imparziale”. In realtà, si prospetta l’ennesimo braccio di ferro politico al Congresso di Washington, dove a contare saranno i numeri. I repubblicani hanno definito incostituzionale l’impeachment approvato dalla Camera, che del resto è passato solo con il voto dei democratici. Con una maggioranza ribaltata, qui al Senato saranno i conservatori a gestire l’intero processo, negando probabilmente la richiesta della minoranza di accedere a questi nuovi documenti e la comparsa di nuovi testimoni.
Per condannare e rimuovere Trump dall’incarico, servirebbero i due terzi dei voti, ovvero 67 senatori. Nessuno, al momento, prevede che questo sia possibile.
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