Il punto

Ecco cosa sappiamo finora dell’arresto di Cecilia Sala

Il fermo a Teheran, l’isolamento in prigione e l’intreccio con il fermo di un iraniano legato alla Svizzera e che gli USA accusano di aver fornito supporto materiale ai Pasdaran

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Cecilia Sala in un'immagina diffusa da Chora Media

  • Keystone - Chora Media
Di: Ludovico Camposampiero 

La notizia dell’arresto in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala ha destato parecchio clamore e una grande ondata di solidarietà. Sala, collaboratrice del quotidiano Il Foglio e della società di podcast Chora Media, per la quale produce il podcast di successo “Stories”, prodotto dal 2022, è stata fermata a Teheran lo scorso 19 dicembre, ma la notizia è stata resa nota solo ieri, venerdì 27. Nei giorni precedenti, le autorità italiane e i genitori della 29enne avevano chiesto di restare in silenzio poiché si sperava in una rapida liberazione. Ma così non è stato, motivo per il quale nella giornata di venerdì la notizia è stata resa di dominio pubblico.

Non sono ancora chiari i motivi che hanno portato al fermo della reporter, ma si fa strada anche la possibile rappresaglia da parte della Repubblica islamica per l’arresto, a Malpensa i giorni precedenti al fermo di Sala, di un cittadino iraniano legato ai guardiani della rivoluzione.

Ecco, quindi, cosa si sa finora dell’arresto di Cecilia Sala:

Il viaggio in Iran

Cecilia Sala era partita da Roma per l’Iran lo scorso 12 dicembre, con regolare visto giornalistico, come dichiarato dalla stessa “Chora Media” ieri in un post. Era andata nella Repubblica islamica per produrre puntate del suo podcast “Stories”. Aveva già registrato una serie di interviste e realizzato tre puntate della serie. Sarebbe dovuta tornare a Roma il 20 dicembre, ma il 19 le comunicazioni fra la giornalista e l’Italia si sono interrotte: era appena stata fermata.

L’arresto e l’isolamento nel carcere di Evin

Stando a quanto ricostruito da Il Foglio, il giornale con il quale Sala collabora, la reporter è stata arrestata mentre si recava a un’intervista, intorno all’ora di pranzo, senza quindi riuscire a recarsi all’appuntamento.

Sala, si legge sulla stampa italiana, si trova da allora in isolamento presso il carcere di Evin, il più grande della capitale iraniana, dove vengono condotti i cittadini stranieri e i dissidenti politici. Non sono ancora state formalizzate accuse nei suoi confronti. Lo ha ribadito ieri sera in diretta su Raitre anche il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, spiegando che “non lo sappiamo (perché è in carcere, ndr.), è la grande domanda, fino a oggi non è stata formalizzata alcuna accusa, non si sa perché è in carcere in isolamento. È incomprensibile e intollerabile per l’Italia”.

Calabresi ha inoltre riconosciuto che “sin da subito il governo e la Farnesina sono stati molto attivi” per cercare di liberare la giornalista italiana.

02:55

Cecilia Sala - Storie tra gli incendi

Francesco Gabaglio / Debora Huber / Alberto Dagnino 20.09.2023, 10:33

Il lavoro della Farnesina

Giovedì la giornalista ha potuto fare una nuova telefonata ai genitori, e solo otto giorni dopo l’arresto ha potuto ricevere la visita dell’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, che le ha portato vestiti, cibo e libri: è stata con lei per mezz’ora trovandola, tutto sommato, in buone condizioni di salute.

Del motivo del suo arresto o dei capi di imputazione non si sa ancora nulla, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, chiedendo comunque di mantenere la riservatezza sul caso per non ostacolare i contatti diplomatici. “Non abbiamo notizie ulteriori, vedremo nei prossimi giorni. Ora l’importante è che stia bene, è detenuta in una situazione tranquilla, da sola in una cella”, ha aggiunto. “Non possiamo dire altro, ma stiamo lavorando in maniera molto intensa”, ha assicurato il ministro.

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Cecilia Sala arrestata in Iran

Telegiornale 27.12.2024, 20:00

Il caso del cittadino iraniano arrestato a Malpensa

Nel frattempo, speculazioni si alimentano circa il fermo di un cittadino iraniano a Malpensa. Alcuni media italiani ipotizzano una ritorsione di Teheran contro l’Italia. Il fermo di Sala, infatti, è avvenuto dopo l’arresto a Malpensa, su mandato statunitense, di un imprenditore iraniano legato ai guardiani della rivoluzione.

L’uomo in questione si chiama Mohamed Abedini Najafabadi; è stato fermato il 16 dicembre appena atterrato all’aeroporto, arrivato dalla Turchia. Lo stesso giorno, negli USA, è finito in manette un altro iraniano: Mahdi Mohammad Sadeghi. In una nota, il Dipartimento di Giustizia americano scrive che i due sono accusati dagli USA di “cospirazione per esportare componenti elettronici sofisticati dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni”.

Abedini è accusato in particolare di aver fornito supporto materiale ai Pasdaran, i guardiani della rivoluzione iraniana, che sono considerati da Washington un’organizzazione terroristica. Il suo aiuto avrebbe permesso un attacco con un drone su una base in Giordania nel quale trovarono la morte tre militari statunitensi.

Nel bagaglio di Abedini, gli investigatori italiani hanno trovato componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense, oltre a materiale cartaceo, bancario e commerciale, apparecchi telefonici e informatici.

Il 22 dicembre scorso, il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato l’ambasciatrice svizzera in Iran (che rappresenta gli interessi USA) e l’ambasciatrice italiana per protestare contro gli arresti. “Consideriamo sia le crudeli e unilaterali sanzioni statunitensi contro l’Iran sia questi arresti come contrari a tutte le leggi e gli standard internazionali”, sostiene l’Iran.

Il legame con la Svizzera

Abedini, dopo essersi laureato in ingegneria meccanica a Teheran, ha completato gli studi con un dottorato al Politecnico federale di Losanna (EPFL), dove ora è ricercatore, come da lui stesso dichiarato sul suo profilo LinkedIn.

Stando alla giustizia americana, è il fondatore e direttore di una società iraniana di nome SDRA che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei guardiani della rivoluzione. Abedini avrebbe anche fondato una società tecnologica in Massachusetts che usava come ponte con la sua SDRA per esportare tecnologia statunitense in Iran. In un comunicato stampa della giustizia statunitense pubblicato il 19 dicembre, si legge inoltre che “a causa delle leggi statunitensi che limitano le esportazioni verso l’Iran, Abedini ha stabilito una società di facciata in Svizzera per SDRA, l’Illumove SA”. La giustizia statunitense afferma dunque che Sadeghi (l’altro iraniano arrestato, ndr.) e Abedini abbiano successivamente trasferito beni, servizi e tecnologia di origine statunitense in Iran, tramite Illumove, a beneficio di SDRA.

Stando al registro di commercio, Illumove è stata fondata nel 2019. Ha sede presso lo stesso Politecnico federale e più precisamente al cosiddetto Innovation Park, dove sono collocate varie start-up e che, secondo lo stesso EPFL, “ha lo scopo di sostenere le giovani imprese nei loro primi luoghi di lavoro e di agire come un vero acceleratore di crescita.” Abedini, stando al portale online del registro delle imprese, è il solo amministratore di questa società.

Società che, stando agli statuti, ha per scopo la ricerca, lo sviluppo e la produzione di apparecchi, sistemi meccatronici e software, nonché la prestazione di servizi nei suddetti ambiti e il commercio di tutti i prodotti.

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