Sono ormai una dozzina le vittime delle violenze causate da bande criminali in Ecuador dopo che il 36enne presidente Daniel Noboa - da poco eletto con un programma incentrato proprio sulla sicurezza - ha decretato martedì lo stato di emergenza. Ciò in seguito all’evasione di Adolfo Macias “Fito”, capo dei “Choneros” e nemico pubblico numero uno. Non si tratta di un bilancio ufficiale, perché non ne è stato fornito uno, ma della somma di singole informazioni pubblicate attraverso fonti di polizia e amministrazioni locali. Intanto la polizia, attraverso il suo account X, ha segnalato che le persone arrestate nelle ultime 24 ore per attentati e atti di terrorismo sono salite a 70.
L’epicentro di quello che il capo dello Stato ha definito “un conflitto armato interno” è la città di Guayaquil, dove è entrato in vigore il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5. Martedì pomeriggio un gruppo di uomini armati e incappucciati ha fatto irruzione, in diretta, in uno studio del canale pubblico TC, prendendo in ostaggio diversi giornalisti e tecnici e minacciandoli di morte. Le forze speciali sono poi riuscite a liberare gli ostaggi e ad arrestare parte degli aggressori.
Il presidente Noboa durante un incontro con i vertici della sicurezza
A scatenare le violenze sono gruppi che nel corso degli anni si sono trasformati da gang di strada e bande di narcotrafficanti con centinaia o persino migliaia di affiliati. Nel decreto firmato ieri, ad integrazione di quello con cui ha introdotto uno stato di emergenza per 60 giorni, Noboa ha elencato la presenza sul territorio nazionale di ben 21 gruppi del crimine organizzato transnazionale, caratterizzati come “organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti”.
La rappresaglia dei narcotrafficanti
L’articolo 3 del decreto dispone “l’immediata mobilitazione e intervento delle forze armate e della polizia sul territorio ecuadoriano per garantirne la sovranità e l’integrità”. La decisione ha generato la serie di rappresaglie dei narcotrafficanti contro istituzioni e forze dell’ordine. Le autorità hanno quindi ordinato l’evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici della capitale Quito. Decisione analoga è stata adottata dalle istituzioni pubbliche di altre città, tra cui la citata Guayaquil. Anche molti commercianti di Quito hanno deciso di chiudere i battenti e mandare a casa i lavoratori in anticipo. In tutto il Paese sono stati segnalati scontri, saccheggi in centri commerciali e auto date alle fiamme. Le autorità hanno chiesto alla popolazione di rimanere in casa.
Da parte sua il Governo del Perù ha disposto l’invio immediato di un contingente della Direzione delle operazioni speciali della polizia al confine con l’Ecuador “per rafforzare la sicurezza alla frontiera”.
L’Ecuador, 18 milioni di abitanti su una superficie che è sei volte quella Svizzera e si estende dall’Oceano Pacifico all’Amazzonia passando per le Ande, è chiuso fra i due maggiori produttori di cocaina del globo, Colombia a nord e Perù a sud e a est. Da anni è teatro di violenze legate al narcotraffico. Il 9 agosto 2023, un candidato centrista alle presidenziali era stata assassinato a colpi di arma da fuoco. Il Paese deve far fronte inoltre alle proteste delle 14 nazioni indigene contro lo sfruttamento delle loro terre a scopo minerario e per estrarre petrolio.
Ecuador nel caos
Telegiornale 10.01.2024, 12:30