La Pasqua parla di un Cristo ancora vivo in mezzo a noi. E’ questo il messaggio del Papa nell’omelia della messa di Pasqua, letta in San Pietro dal cardinale Angelo Comastri.
“Il Giubileo ci chiama a rinnovare in noi il dono di questa speranza, a immergere in essa le nostre sofferenze e le nostre inquietudini, a contagiarne coloro che incontriamo sul cammino, ad affidare a questa speranza il futuro della nostra vita e il destino dell’umanità. E perciò non possiamo parcheggiare il cuore nelle illusioni di questo mondo o rinchiuderlo nella tristezza”.
A mezzogiorno il Papa è comparso al balcone della Basilica di San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi. Dopo avere augurato, con voce molto debole, “buona Pasqua”, ha chiesto al maestro delle cerimonie di leggere le parole preparate e poi ha impartito, personalmente, la benedizione.
Medio Oriente, Ucraina, Myanmar, Caucaso e Balcani
Il primo pensiero di Francesco è stato per la drammatica crisi della Palestina e in particolare per la comunità cristiana di Gaza, dove la situazione umanitaria è “ignobile”. Ma il Papa è preoccupato anche per l’antisemitismo crescente. Francesco ha lanciato un appello al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi e allo sblocco degli aiuti umanitari. La folla gli ha risposto con un applauso. Quindi ha chiesto a tutta la Chiesa di accompagnare con la preghiera i cristiani del Medio Oriente, rivolgendo un pensiero speciale al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.
In Ucraina, “il Cristo risorto infonda pace e incoraggi gli attori coinvolti a proseguire negli sforzi per raggiungere una pace giusta e duratura”. Anche qui c’è stato l’applauso dei fedeli. E poi un pensiero per il Myanmar sconvolto dal terremoto; per il Caucaso meridionale, con la speranza che la firma e l’attuazione del piano di pace definitivo tra Armenia e Azerbajian portino a una riconciliazione tra i due popoli. Parole anche per i Balcani occidentali, dove Francesco auspica invita i partner regionali “a respingere comportamenti pericolosi e destabilizzanti”. Dalla Bosnia al Kosovo, non mancano in queste settimane fatti di attualità a cui collegare le sue parole.
No al riarmo generalizzato
Un ultimo messaggio, forse il più importante nelle attuali contingenze, Francesco lo ha riservato alla necessità di un vero disarmo, senza il quale “nessuna pace è possibile”. “L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generalizzata al riarmo”.
Non bisogna cedere alla logica della paura che chiude e non deve mai venire meno il principio di umanità. Francesco ha ricordato gli operatori umanitari attaccati, in molte parti del mondo. “Non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità”.
Dopo la benedizione, a sorpresa, il Papa è anche sceso in Piazza San Pietro a salutare i fedeli, facendo un giro con la “papamobile” ma senza fermarsi. In mattinata ha concesso una breve udienza al vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, a Roma con la famiglia per i riti della settimana santa. Vance aveva già incontrato ieri (sabato) il segretario di Stato Pietro Parolin.