Molto rumore per nulla. Le turbolenze dentro Downing Street. La trasferta fiorentina di Theresa May. Il fragile compromesso contenuto nel suo discorso di venerdì scorso. Un fine settimana riempito da sussurri e smentite, avvertimenti e speranze. Fino alla doccia fredda - ampiamente prevista - sancita dalla bocciatura di Donald Tusk. Londra e Bruxelles restano distanti, al di là delle migliori intenzioni. I negoziati per l’uscita del Regno dall’Unione Europea sono fermi, inibiti dalla fermezza di Michel Barnier. Un’ostinazione resa ancor più inespugnabile dalla vaghezza della sua controparte, David Davis.
Un'altra immagine scattata oggi a Downing Street
Netta smentita
“Non ci sono più ragioni per frenare i negoziati”, aveva annunciato il ministro della Brexit prima della sua partenza per Bruxelles. Oggi - dopo un breve “ pranzo di lavoro" con Theresa May - è arrivata la replica di Tusk. Meglio, la netta smentita. Riassunta nel breve discorso pronunciato all’uscita dalla residenza della prima ministra. Poche, studiate, parole. Di apprezzamento, per il cambio di tono, “costruttivo e più realistico”, usato dalla premier. Di sollievo, per aver abbandonato la filosofia “di avere la torta e mangiarla” (stoccata rivolta al ministro degli Esteri, Boris Johnson). Ma anche di critica, perché “non ci sono ancora stati sufficienti progressi” per affrontare il tema delle relazioni post Brexit.
David Davis
Approccio creativo
Tra un mese esatto il Consiglio Europeo sarà chiamato a valutare lo stato dei negoziati e a stabilire le prossime scadenze. Ma allo stato attuale è improbabile che Bruxelles concederà aperture senza precise soluzioni sul conto di divorzio, sui confini irlandesi e sui diritti dei cittadini europei residenti nel Regno. Promettendo di onorare gli impegni economici fino alla chiusura del budget comunitario (scadenza 2021), e garantendo un periodo di transizione di due anni dopo l’uscita per scongiurare un divorzio traumatico ad entrambe le parti, May confidava di riavviare i negoziati. Oggi ha scoperto che si era illusa, lei come tutto il suo Esecutivo. In assenza di precisi e dettagliati impegni di Londra sulle questioni negoziali preliminari, Bruxelles resta irremovibile. A Downing Street non basterà l’annunciato “approccio creativo” per trovare un’intesa con l’Unione. E’ tempo di mettere sul tavolo pragmatismo e realismo: Londra non sembra essersi ancora accorta di avere meno fiches di chi le siede davanti.
Lorenzo Amuso