La guerra in Ucraina è giunta ormai al giro di boa del secondo anno. Dopo quasi 23 mesi, il conflitto è semi congelato in una fase di stallo: sul fronte meridionale, nelle regioni di Zaporizhia e Kherson, le truppe ucraine hanno fallito la controffensiva cominciata nel giugno 2022 e per bocca dello stesso presidente Volodymyr Zelensky nel Donbass sono passate dallo scorso dicembre nella fase difensiva, per arginare i tentativi di avanzata russi. Sulla linea orientale le forze del Cremlino concentrano invece i loro sforzi per guadagnare i territori persi oltre un anno fa, a sud di Kharkiv, e spingono a ovest di Donetsk per allargare il perimetro già sotto il loro controllo.
La cornice rimane però quella di una guerra di logoramento, lunga e sanguinosa, con enormi perdite da entrambe le parti, di cui non si vede la fine. Se in questi mesi le operazioni militari sul terreno sono inoltre rallentate a causa della stagione invernale, continua invece il duello sui cieli, con missili e droni, da una parte e dall’altra. In questo contesto, mentre a Mosca Vladimir Putin si appresta ad essere eletto presidente per la quinta volta con il voto del 17 marzo, e a Kiev Zelensky è sottoposto a pressioni interne tra gli screzi con i vertici militari e l’opposizione in parlamento, c’è anche spazio per gli scenari di pace: ogni guerra ha avuto una fine, e anche per questa sarà così. Da definire sono i tempi e i modi.
Il piano ucraino
Il presidente Zelensky, atteso a Davos, insiste sul piano in dieci punti annunciato già l’anno passato. Secondo Kiev però ogni trattativa di pace con Mosca passa per il ritiro delle truppe russe dal Donbass e dalla Crimea. Il capo di Stato ucraino, pur avendo ammesso nelle scorse settimane le difficoltà sul campo, prosegue nel ripetere che l’obbiettivo è quello di liberare tutto il territorio occupato dai russi a partire dal 2014, dall’est alle sponde del Mar Nero. In una serie di vertici nei mesi passati, da Malta a Doha, con i rappresentanti dei Paesi alleati e la partecipazione di inviati anche dalla Cina, l’Ucraina ha cercato di trovare consenso per il piano, di cui si discuterà anche in Svizzera, anche se la mancanza di coinvolgimento della Russia rende la questione molto aleatoria.
L’incertezza è dovuta inoltre al fatto che gli stessi partner di Kiev, Stati Uniti ed Europa, non sembrano ancora avere le idee chiare su quale sia la strategia sul medio-lungo periodo e al di là della retorica del sostegno “fino a quando sarà necessario”, la realtà e che da mesi gli aiuti militari e i finanziamenti all’Ucraina si sono ridotti in maniera drastica. Al momento, quindi, non pare che Zelensky abbia la forza, politica e militare, sufficiente per dettare condizioni ad un eventuale tavolo di trattative.
Le opzioni russe
La posizione migliore al momento l’ha il Cremlino. La Russia continua ad occupare circa un quinto del territorio ucraino. Nel 2023 ha consolidato le difese sul fronte meridionale, respingendo la controffensiva ucraina, e nel Donbass prosegue la lenta avanzata. Putin, che sarà rieletto a marzo, è uscito da un anno interno turbolento, con l’emblematica rivolta di Evgeny Prigozhin, e ha stabilizzato il sistema a proprio favore; la morsa delle sanzioni occidentali non è stata efficace, l’economia russa sta resistendo e gli effetti della guerra tra Israele e Hamas stanno facendo il gioco di Mosca sulla scacchiera internazionale. Il quadro al momento relativamente positivo si riflette anche sulle opzioni in Ucraina: la Russia potrebbe essere favorevole ad avviare trattative partendo dallo status quo, possibilità avanzata in varie occasioni anche dallo stesso Putin, oppure andare avanti come sta facendo ora. Meno realisticamente potrebbe essere costretta al ritiro, vista la distribuzione delle forze in campo.
Resta da vedere però quali saranno le decisioni interne: a Mosca c’è chi sarebbe disposto a scendere a negoziati con Kiev, fermo restando le condizioni del momento, e chi invece punta sul logoramento definitivo dell’Ucraina e fiuta la possibilità di allargare a proprio favore il fronte verso Kharkiv e Odessa, intravedendo il progressivo disimpegno occidentale. Speculare la situazione tra gli alleati, con il fronte di chi vorrebbe maggior sostegno a Kiev per tentare ancora una spallata a Mosca, e quello dei realisti, che vedendo l’impossibilità di sconfiggere la Russia pensano a una exit strategy per mettere fine al conflitto. Negli scorsi mesi si sono rincorse le voci di pressioni di alcune cancellerie occidentali su Zelensky per rimodulare la strategia nel prosieguo della guerra; a Davos ci sarà occasione per incontri diretti su più tavoli, anche se l’assenza russa rappresenterà l’incognita fondamentale.
RG 12.30 del 9.01.2024, le spiegazioni di Alain Crameri
RSI Info 09.01.2024, 15:35