C’è chi è in campagna da oltre due anni e chi ha deciso di scendere in campo a suon di milioni solo un paio di mesi fa. Mai completamente ripresosi dalla vittoria di Donald Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, con i caucus in Iowa il Partito democratico inizia il lungo processo di scelta del candidato che sfiderà il quarantacinquesimo presidente americano alle elezioni del 3 novembre 2020.
La corsa alla nomination democratica non è mai stata così affollata: dei ventotto candidati iniziali ora ne sono rimasti in corsa undici. Quattro sono quelli che negli ultimi sei mesi hanno sempre guidato i sondaggi nazionali e statali. Ecco chi sono.
Il favorito
Perché sì: perché rappresenta la continuità con l’era Obama; per la sua esperienza politica e sua storia personale e famigliare; perché piace all’elettorato moderato ed è sostenuto dagli afro-americani.
Perché no: per l’età (sarebbe il presidente eletto più anziano nella storia degli USA); perché non ha la retorica di Obama; perché rappresenta l’establishment essendo stato per oltre quattro decenni a Washington.
Motto: “Per l’anima dell’America” (“For the soul of America”)
Curiosità: se eletto oltre a essere il più anziano sarebbe il secondo presidente americano cattolico.
Canzone preferita: We take care of our own di Bruce Springsteen (2012)
Endorsement: Biden è sostenuto da numerosissimi politici nazionali e locali e personalità come Tom Hanks.
Il giovane
Perché sì: perché propone un cambio generazionale e un taglio con la vecchia politica di Washington; perché rappresenta l’anima centrista dei Democratici; per la capacità di saper parlare a nuovi elettori e – non da ultimo – di raccogliere molti fondi per la campagna elettorale.
Perché no: perché è considerato troppo giovane (per diventare presidente è necessario avere 35 anni), perché non ha esperienza politica a livello nazionale e perché – probabilmente per la sua omosessualità – non fa breccia nell’elettorato di colore.
Motto: “Win the era” (“Una vittoria generazionale”)
Curiosità: se eletto sarebbe il primo presidente gay (Buttigieg è sposato con Chasten dal 2018)
Canzone preferita: High Hopes di Panic! at the Disco (2018)
Endorsement: dall’ex-ambasciatore USA in Svizzera, il deputato Don Beyer, a Robert De Niro e Sharon Stone.
La professoressa
Perché sì: perché il suo programma è il più strutturato (“I got a plan”, è il suo mantra); perché è stata capace di attirare l’attenzione dei più giovani, perché è diretta e abile nei dibattiti, perché rappresenta una possibile rivincita per una candidata donna dopo la sconfitta di Hillary Clinton nel 2016.
Perché no: perché considerata troppo progressista e radicale; per aver proposto esplicitamente un aumento delle imposte per i più ricchi e un taglio delle spese militari; perché nonostante l’appeal sull’ala radicale viene percepita come troppo elitaria e professorale.
Motto: “Dream big fight hard” (“Sogna in grande, lotta duramente”)
Curiosità: fino al 1996 era repubblicana. Se eletta presidente sarebbe la prima Madame President alla Casa Bianca (e anche quella più anziana).
Canzone preferita: 9 to 5 di Dolly Parton (1980)
Endorsement: dagli ex candidati alla presidenza, Michael Dukakis, o alla nomination, Julian Castro, all’attrice Scarlett Johansson. Ma è anche la candidata sostenuta dal New York Times (insieme ad Amy Klobuchar) e dal Des Moines Register, il giornale più letto in Iowa.
Il rivoluzionario
Perché sì: perché riesce a creare entusiasmo nella base più giovane del partito, facendo breccia sui social media, e a convincere molti piccoli donatori; perché non teme di profilarsi come anti-Trump e anti-sistema; per la coerenza della sua storia politica sempre a sinistra.
Perché no: perché ritenuto troppo estremo, un “pericoloso socialista”, ed è visto con diffidenza dall’elettorato più moderato e pure dal mondo della finanza e dell’economia; perché troppo anziano; perché alimenta le divisioni interne ai democratici tra l’ala più centrista e quella più radicale.
Motto: “Not me. US” (“Non io. Noi”, giocando su “US” = “noi”, ma pure acronimo di “United States”)
Curiosità: oltre a essere il presidente eletto più anziano, sarebbe anche il primo di religione ebraica.
Canzone preferita: Power to the people di John Lennon (1971)
Endorsement: è sostenuto da Alexandria Ocasio-Cortez enfant prodige del Partito democratico e da diversi personaggio noti come il filosofo Noam Chomsky, il regista Michael Moore o la cantante Ariana Grande.
Gli outsider
Tra gli altri candidati alla nomination democratica sono da tenere d’occhio l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg e la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar.
Michael Bloomberg, settantasettenne miliardario newyorkese, ha deciso di non correre nei primi stati delle primarie per concentrarsi su quelli più grandi in cui si voterà dal SuperTuesday, il 3 marzo 2020, ma nel frattempo ha già investito quasi 70 milioni di pubblicità e altri 10 li spenderà per il SuperBowl. Per molti analisti, potrebbe essere proprio il profilo di Bloomberg – moderato businessman di successo – il possibile anti-Trump.
Amy Klobuchar, 60 anni, è forse la candidata meno nota, ma rappresenta la tipica figura politica del Midwest (come Bill Clinton, Jimmy Carter, ecc.) e la sua carriera in Senato ha messo in luce il suo pragmatismo e la sua grande capacità di mediazione. Di quelli in lizza, è colei che è riuscita a fare approvare il maggior numero di proposte condivise sia dai democratici sia dai repubblicani. Un’ultima curiosità: i suoi nonni materni erano svizzero-tedeschi emigrati in Winsconsin.
I sondaggi
Dal momento dell’annuncio della sua candidatura a fine aprile, i sondaggi nazionali hanno sempre visto in testa Joe Biden, ma la corsa è sempre stati più combattuta nei singoli Stati – in particolare nei primi due Iowa e New Hampshire dove l’ex vicepresidente parrebbe più in difficoltà. In Iowa, ad esempio, Pete Buttigieg è stato a lungo in testa, ma negli ultimi rilevamenti Bernie Sanders pare aver preso la testa sia nello stato del Midwest, sia in quello del New England. L’ultimo atteso sondaggio avrebbe dovuto essere quello che ormai da oltre 70 anni pubblica il Des Moines Register alla vigilia del voto, ma quest’anno per presunti problemi di raccolta dei dati è stato annullato all’ultimo minuto. Creando ancora maggiore suspence e lasciando un’ultima inevitabile scia di interrogativi e sospetti.
USA, primarie in Iowa
Telegiornale 02.02.2020, 21:00
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Telegiornale 03.02.2020, 13:30