Intervista

I droni, veri protagonisti della guerra in Ucraina

I velivoli senza pilota hanno un’importanza crescente e sembrano destinati a un ruolo cardine pure nei prossimi conflitti. Le osservazioni del dr. Mauro Gilli dell’ETH di Zurigo

  • 8 ottobre 2023, 06:45
  • 27 ottobre 2023, 08:05
Un drone turco TB2 Bayraktar nel centro di Kiev

Un drone turco TB2 Bayraktar delle Forze armate ucraine durante una manifestazione nel centro di Kiev

  • Keystone
Di: Enrico Campioni

I droni sono sempre più al centro delle azioni militari – e quindi della cronaca internazionale – in atto nella guerra scatenatasi con l’invasione russa dell’Ucraina. Inizialmente secondari nell’economia dei combattimenti, con il passare dei mesi i velivoli senza pilota hanno assunto un’importanza sempre crescente. La fama è giunta già nelle fasi del conflitto, nella primavera 2022, quando Kiev ha iniziato a impiegare i droni turchi Bayraktar, mentre nel contempo si “rielaboravano” vecchi droni d’epoca sovietica per usarli come ordigni volanti kamikaze da lanciare su basi aeree e depositi di munizioni in territorio russo.

Dal canto loro, i militari di Mosca dal 10 ottobre 2022, ormai un anno fa, hanno iniziato a impiegare su larga scala i droni kamikaze “economici” di fabbricazione iraniana Shahed 131/136, che da allora hanno provocato un gran numero di vittime tra la popolazione civile e danni ingentissimi alle infrastrutture energetiche ucraine, come pure ai porti sul Mar Nero e sul Danubio, alle attrezzature per il trasporto dei cereali e poi a edifici pubblici come centri commerciali, ospedali, istituti scolastici, stazioni ferroviarie o degli autobus e, purtroppo e soprattutto, alle abitazioni della gente comune.

E se tra fine 2022 e inizio di quest’anno gli attacchi hanno iniziato a riguardare sempre più anche il territorio russo e non solo quello occupato dai soldati di Mosca, in prospettiva sembra che le cose siano destinate a mostrare un uso sempre più specifico e ampio degli aerei senza pilota da entrambe le parti in conflitto.

Solo nelle ultime settimane si è avuta notizia del previsto accordo per la produzione in Ucraina, da parte del colosso locale dell’aviazione Antonov, dei droni francesi Aarok della Turgis & Gaillard, dell’uso intensivo degli efficaci quadricotteri kamikaze SkyKnight, fatti in casa dagli ucraini come i droni Shark da ricognizione avanzata, o delle trattative in atto per l’impiego avanzato dei droni Akinci della società turca Baykar – nota per aver fornito a Kiev i celebri TB2 Bayraktar. Dal canto loro, i russi sfruttano a fondo i droni kamikaze Lancet per bombardare le postazioni ucraine con questo UAV a guida ottica.

Di questi protagonisti per lo più sconosciuti della guerra in Ucraina abbiamo parlato con il dottor Mauro Gilli, ricercatore Senior in tecnologia militare e sicurezza internazionale presso il Centro per gli studi sulla sicurezza dell’ETH di Zurigo.

Le difese antiaeree sono ormai basilari contro gli attacchi russi

Il 10 ottobre 2022 vi fu il primo bombardamento russo su larga scala in Ucraina mediante i droni kamikaze iraniani Shahed

  • Keysotne

Dottor Gilli, a suo avviso è lecito affermare che in Ucraina l’impiego degli UAV sta assumendo un ruolo sempre più rilevante dal profilo tattico, rendendo più “marginale” l’impiego dei velivoli tradizionali con equipaggio come elicotteri e aerei ad ala fissa?

Il ruolo sempre più importante a livello tattico degli UAV è innegabile, e ha portato a significativi cambiamenti. Però non mi spingerei a dire che i velivoli tradizionali hanno perso il loro ruolo. Da questo punto di vista, il termine drone è fuorviante in quanto racchiude una gamma molto ampia di tecnologie estremamente diverse da loro - come se usassimo un termine unico per descrivere i mezzi che vanno da un triciclo ad un mezzo di trasporto pesante. 

I droni più usati in Ucraina sono quelli di categoria mini, che hanno un raggio e una portata di carico limitata, e come scopo hanno principalmente quello di fornire le coordinate delle postazioni nemiche all’artiglieria dei due Paesi, o di colpire direttamente queste postazioni o mezzi in movimento (i cosiddetti first-person view e le “loitering munitions”). Vi sono poi i droni cosiddetti “one-way”, che in verità sono dei missili, ma che per ragioni non chiare vengono chiamati droni. Si tratta di missili da crociera, che volano a bassa quota per evadere le difese antiaeree nemiche (come dalla metafora “flying below the radar”).

Questo tipo di droni non rimpiazza il ruolo dei caccia multiruolo o caccia per la superiorità aerea, in quanto non hanno capacità “aria-aria”, e hanno una capacità di carico contenuta, che limita dunque le munizioni che possono portare o le funzioni che possono svolgere. E infatti, la Russia usa i suoi caccia - seppure in modo ridotto a causa delle difese antiaeree ucraine. E questo è il motivo per cui l’Ucraina ha fatto richiesta degli F-16 - così da poter meglio ingaggiare caccia e missili russi. 

L’arrivo di droni sempre più sofisticati come i turchi Akinci della Baykar (già produttrice dei TB2 Bayraktar), ma pure gli Aarok francesi della categoria MALE (aeromobili a pilotaggio remoto con un peso al decollo di 1’500 Kg, in grado di operare fino a 14’000 metri di quota per circa 24 ore) che saranno prodotti in versione più economica dall’Antonov in Ucraina potranno avere un ruolo ancor più rilevante sul campo di battaglia?

Difficile da dire a priori, ma in generale c’è ragione di essere scettici a proposito. La ragione è la stessa che si trova dietro alla “scomparsa” dei TB2 prodotti proprio da Baykar nella guerra in Ucraina: questi sono stati molto utili nella prima fase dei combattimenti, in quanto le forze russe spesso avanzavano senza difese antiaeree, oppure queste non riuscivano a tenere il passo, cosa che a sua volta esponeva le colonne di mezzi militari di Mosca agli attacchi dei TB2.

Ma dopo che la guerra si è cementata nel sud e nell’est e la Russia ha potuto piazzare difese antiaeree, le forze ucraine hanno sostanzialmente smesso di utilizzare i TB2, in quanto questi potevano essere facilmente abbattuti. Al proposito, la domanda è se le forze ucraine, che recentemente hanno distrutto alcuni sistemi di difesa antiaerea russa S-400 e sono dotati di missili antiradiazione il cui scopo è proprio quello di distruggere i radar nemici, dovessero riuscire a danneggiare o distruggere altri sistemi di difesa antiaerea russa, così da permettere a questi droni di operare con meno rischi sul territorio controllato dalle forze russe. È una possibilità, ma ad oggi non è possibile fare previsioni.

Ritiene che quanto accade in Ucraina possa servire da palestra per un ulteriore e incrementato utilizzo dei droni sui palcoscenici presenti e futuri bellici o è una specificità del conflitto scatenato dall’invasione russa il 24 febbraio 2022?

Direi che l’uso di sistemi a comando remoto o con alcuni livelli di autonomia è inevitabilmente destinato a crescere, in quanto fornisce una moltitudine di vantaggi, su più livelli. Chiaramente, vi sono due forti limiti: quantità e qualità. I droni più usati (quelli mini) sono anche quelli più economici, che per questo motivo hanno delle prestazioni più limitate, e quindi svolgono un ruolo prevalentemente tattico (quello descritto sopra). Sia la Russia, sia l’Ucraina perdono un altissimo numero di droni - si parla di 10’000 al mese per l’Ucraina.

Ciò significa che in futuro, un Paese che si trovi in un conflitto ad alta intensità come quello che stiamo vedendo in Ucraina, dovrà avere la capacità di produttiva di continuamente sfornare nuovi droni per ottemperare alle perdite subite. Vi è poi la questione della qualità, da intendere come di performance di una piattaforma a controllo remoto. Maggiori sono le performance, maggiori sono i costi. Un RQ-4 Global Hawk, ad esempio, arriva a costare oltre 200 milioni dollari, il doppio rispetto a un F-35. Questi droni svolgono missioni di perlustrazione dal Mar Nero.

Chiaramente, questi droni offrono grandi vantaggi (hanno sensori molto potenti e possono rimanere in volo per lungo tempo, fornendo informazioni preziose sulle forze nemiche). Ma sono anche vulnerabili alle difese antiaeree nemiche, cosa che quindi limita il loro utilizzo ai cieli alleati o sicuri. Chiaramente, la produzione di questo tipo droni è limitata, in quanto la maggioranza dei Paesi non ha le capacità necessarie, ciò che quindi limiterà il loro utilizzo in futuro.

Nell’ambito dell’impiego dei velivoli senza pilota in combattimento, quale può essere il miglior modo di impiegarli da un punto di vista operativo?

Ritengo che l’uso migliore di questi droni è quello che ha fatto la Turchia in Libia nel 2018-19 e l’Azerbaigian (con l’aiuto turco) in Nagorno Karabakh nel 2020. Ovvero hanno adottato tattiche impiegate per la prima volta da Israele nel 1982 in Siria, volte a ingannare le difese antiaeree nemiche, con lo scopo di identificare la loro posizione e poi neutralizzarle. In questo modo la Turchia è riuscita a utilizzare la propria flotta di droni per scopi di attacco aria-terra penetrando lo spazio aereo nemico - cosa che, altrimenti, i droni di categoria MALE non potrebbero fare.

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Telegiornale 05.10.2023, 20:30

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