Nei suoi primi 100 giorni al potere, Donald Trump ha imposto il suo ritmo, messo a dura prova le alleanze degli Stati Uniti, minacciato di annettere territori e sconvolto, come raramente è accaduto, l’ordine geopolitico mondiale.
Ma, parallelamente, il 78enne presidente americano, che si presenta come “artefice di pace” ha avviato negoziati senza precedenti con la Russia e il nemico giurato iraniano, anche se finora i risultati sono contrastanti.
Con dazi doganali a tutto campo, contro il grande rivale cinese, passando per il Canale di Panama e la Groenlandia, o mettendo con le spalle al muro gli europei e tagliando gli aiuti esteri, il presidente repubblicano sta portando avanti a marcia forzata la sua visione dell’“America first”.
Avvicinamento a Putin
Una delle iniziative di Trump è senza dubbio il suo avvicinamento a Vladimir Putin, che dice di ammirare. Riconquistando il presidente russo, l’inquilino della Casa Bianca ha posto fine all’isolamento internazionale del capo del Cremlino.
Putin, che era considerato un paria dall’ex amministrazione Biden e dai Paesi occidentali sin dalla sua invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, è stato “riabilitato” da Trump che in questo senso ha avviato negoziati senza precedenti in Arabia Saudita, nella speranza di ristabilire le relazioni tra i due Paesi.
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno inasprito il tono nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo che il loro spettacolare scontro durante la visita di quest’ultimo alla Casa Bianca ha sconvolto il mondo intero.
Tenuti a distanza, gli europei sono stati coinvolti nelle discussioni durante gli incontri trilaterali di giovedì scorso a Parigi, prima di una nuova sessione a Londra questa settimana. Ma mentre i negoziati per un cessate il fuoco sono in fase di stallo, Donald Trump ha minacciato di ritirarsi dalle discussioni se non si raggiungerà rapidamente un accordo.
Il Medio Oriente
Durante l’incontro alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Donald Trump ha affermato che gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza, trasferiranno i palestinesi fuori dal territorio palestinese e la ricostruiranno come “Riviera del Medio Oriente”. All’estero è un putiferio.
I tentativi di mediazione tra lo Stato ebraico e il movimento palestinese Hamas, che hanno permesso una tregua di alcune settimane, sembrano a un punto di stallo per porre fine al conflitto in Medio Oriente.
Negoziati con l’Iran
Su un altro fronte, il presidente americano ha avviato trattative sul programma nucleare iraniano. Americani e iraniani, nemici dalla rivoluzione islamica del 1979, hanno già tenuto due sessioni di discussioni indirette, in Oman e a Roma, condotte da parte americana dal braccio destro del presidente, Steve Witkoff. Washington, che conduce una politica di “massima pressione” contro Teheran, afferma di favorire una soluzione diplomatica con l’Iran, ma non esclude un intervento militare per impedirgli di ottenere l’arma atomica.
Le altre decisioni
Donald Trump non si è fermato qui. Dal giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, lo scorso 20 gennaio, ha firmato decreti esecutivi a raffica (26 solo il giorno del ritorno alla presidenza), annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), avviando tagli importanti agli aiuti esteri degli Stati Uniti, in nome della lotta contro gli sprechi e ai programmi che promuovono la diversità, l’equità e l’inclusione.
Ha anche attuato una politica di espulsione dei migranti illegali e lanciato una guerra contro i cartelli della droga messicani, definiti organizzazioni terroristiche straniere, ha lanciato l’idea di annettere agli Stati Uniti Groenlandia e Canada, ha avviato una controversia con Panama per il controllo dell’omonimo Canale, iniziato una guerra dei dazi con tutto il mondo (con conseguente crollo delle Borse), Cina in particolare, minacciato di tagliare i fondi a varie università americane accusate di aver lasciato “prosperare l’antisemitismo durante le manifestazioni filopalestinesi”.
Perdita di consensi
Sempre meno americani sono soddisfatti del lavoro di Donald Trump, indica un sondaggio (realizzato prima di Pasqua e pubblicato oggi, martedì) Reuters/Ipsos, secondo cui il tasso di approvazione del presidente è sceso al livello più basso dal suo ritorno alla Casa Bianca. Solo circa il 42% degli intervistati approva la performance di Trump come presidente, in calo rispetto al 43% di tre settimane fa e al 47% registrato nelle ore successive al suo insediamento il 20 gennaio.
Gli americani, è emerso, mostrano sempre più segnali di diffidenza nei confronti degli sforzi del presidente di rafforzare il proprio potere. L’inizio del suo mandato ha lasciato i suoi oppositori politici sbalorditi - sottolinea il sondaggio - con la firma di decine di ordini esecutivi che hanno ampliato la sua influenza sia sui dipartimenti governativi, sia su istituzioni private come le università e gli studi legali.
Sebbene il tasso di approvazione di Trump sia ancora superiore a quello registrato durante gran parte della presidenza del suo predecessore democratico Joe Biden, i risultati del sondaggio indicano che molti americani non sono d’accordo con i suoi attacchi al mondo accademico e della cultura, con un particolare riferimento a università, musei e teatri.
RG 12.30 del 18.04.2025 - Trump vs. FED, la diretta di Marzio Minoli
RSI Info 18.04.2025, 17:17
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Trump punisce Harvard
Telegiornale 15.04.2025, 12:30