Nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1945, ottant’anni fa, avvenne il bombardamento di Dresda, ricordato ancora oggi come uno dei peggiori episodi della fine della Seconda guerra mondiale.
Già ieri, giovedì, sono iniziate le commemorazioni dell’80° anniversario della distruzione di Dresda nel 1945, con momenti particolarmente toccanti dalle 22.50, ora della prima ondata di bombardamenti angloamericani sulla città. Ancora a tarda ora, centinaia di persone hanno onorato la memoria di coloro che hanno perso la vita nel devastante attacco e nei successivi incendi che hanno raso al suolo quella che era nota come la “Firenze sull’Elba”.
Anche i ministri della Sassonia, i rappresentanti del Parlamento statale, la polizia e la Commissione tedesca per i cimiteri di guerra hanno reso omaggio, deponendo corone al monumento commemorativo per il personale della polizia e dei vigili del fuoco ed è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare i caduti di guerra e i caduti in azione in generale.
Altre cerimonie di commemorazione, con deposizione di corone, preghiere, funzioni religiose e raduni, sono previsti nella città della Germania orientale fino a sabato e l’anniversario cade a meno di dieci giorni dalle elezioni politiche nel Paese. Le campane di tutte le chiese del centro hanno del resto suonato a martello al momento del primo raid aereo, avvenuto solo tre mesi prima della fine della guerra, per poi riattivarsi anche nella giornata di oggi, venerdì.
Fumo e fiamme investono il centro di Dresda durante l'attacco dei bombardieri alleati ottant'anni fa
Ricordiamo che il Bomber Command alleato decise di bombardare Dresda benché non fosse un obiettivo strategico, non avendo fabbriche estremamente rilevanti nella produzione bellica o strutture militari particolari. Ciononostante, centinaia di bombardieri britannici, affiancati pure da un migliaio di bombardieri americani, attaccarono la città (e soprattutto il suo centro, dove si trovavano numerosi edifici in legno), inizialmente con ordigni ad alto potenziale.
Questi ultimi erano destinati a demolire le condutture idriche e a far scoppiare tetti, porte e finestre al fine di “esporre” gli interni degli edifici e creare un flusso d’aria utile per alimentare gli incendi causati dagli ordigni incendiari sganciati in seguito. Le bombe ad alto potenziale pesavano tra 230 e 1’810 chili, mentre quelle più potenti, soprannominate “cookie” (biscotto), arrivavano a pesare due tonnellate ed erano pure note come “blockbuster”, in quanto una sola poteva distruggere un grande edificio o parte di un intero quartiere.
Poi, attuando una strategia che suscitò vive proteste anche in Gran Bretagna, si attesero circa tre ore per lanciare la seconda ondata di bombe – ordigni incendiari estremamente devastanti – al fine di scatenare violenti incendi e colpire le squadre di soccorso e i sopravvissuti. Queste bombe fecero divampare roghi ovunque, generando la citata “corrente d’aria rovente” che alimentò ulteriormente gli incendi, i quali si propagarono per tutta la città.
Altri bombardamenti avvennero nelle ore seguenti e continuarono fino al 15 febbraio, radendo al suolo quel poco che rimaneva ancora in piedi. Molti testimoni hanno raccontato che le fiamme a Dresda arsero per una settimana, riducendo in cenere ogni cosa.
Si stima che gli attacchi provocarono la morte di almeno 35’000 persone, ma fonti tedesche parlano di oltre 100’000 vittime complessive. La città fu distrutta su un’area di ben 15 chilometri quadrati e l’85% degli edifici, tra cui 75’000 abitazioni e monumenti unici dell’architettura barocca, furono letteralmente annientati dai roghi. Le fiamme erano visibili da molto lontano: gli incendi provocati dalla prima ondata si vedevano a circa 100 km di distanza, che aumentarono fino a 140 km di distanza dopo il secondo passaggio dei bombardieri alleati. Il fumo che si elevava dalla città in fiamme si elevò invece fino a 4’600 metri di altezza