In Iran venerdì ci saranno le elezioni legislative. Ma a far notizia per ora è soprattutto il numero elevato di esclusioni: oltre la metà delle candidature è stata respinta dalle autorità. Esclusioni che toccano in particolare i politici più riformisti.
C’è chi, come Shaparak Shajarizadeh, ha scelto l’esilio per evitare la prigione, a causa delle sue idee troppo riformiste: aveva voluto liberarsi del velo, obbligatorio per le donne, un gesto che le è valso una grande celebrità.
Ora vive in Canada e fa la casalinga. Due anni fa non ce l’aveva più fatta, si era tolta il velo e aveva iniziato a sventolarlo in aria, in pubblico, a Teheran. Alimentando un movimento di protesta che era appena nato e che le è valso una condanna a due anni di prigione.
La RSI l’ha incontrata martedì scorso al Summit di Ginevra per i diritti umani e la democrazia.
“Sto facendo campagna contro le elezioni perché votare significa sostenere il regime”, spiega Shaparak. “Vent’anni fa la gente aveva speranza, si aspettava qualche cambiamento, ma poi è andata persa e ci siamo limitati a scegliere il meno peggio. Ora il partito dei riformisti ha un suo posto in Governo ma non è cambiato nulla. Le autorità continuano ad uccidere la gente che si oppone al regime. Tutti gli attivisti per i diritti umani sono ora in prigione. Qui non è questione di fondamentalista o di riformista, si tratta di un regime dittatoriale”.
L’attivista iraniana denuncia pure un mancato sostegno dei paesi europei per fare sì che in Iran si rispettino i diritti umani: “Per fortuna Trump sta indebolendo il Governo”.
Il reportage dall'Iran
Telegiornale 20.02.2020, 21:00