Il premier indiano Narendra Modi è intervenuto sulle violente proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza (il Citizen Amendment Bill), che vedono in tutto il paese una massiccia adesione degli studenti universitari, cercando di calmare gli animi con due tweet. Nel primo Modi scrive che "il dibattito, la discussione, il dissenso sono elementi essenziali della nostra democrazia: azioni che danneggiano le proprietà pubbliche e stravolgono la vita normale non fanno parte della nostra etica". Nel secondo, il premier cerca di tranquillizzare i musulmani, esclusi dal semaforo verde previsto dalla legge.
Il nuovo testo ha però dato origine a due filoni di protesta: di chi teme la regolarizzazione di migliaia di migranti. E di chi invece la ritiene discriminatoria e dunque contraria alla Costituzione indiana. L'emendamento facilita l'ottenimento della cittadinanza a una serie di minoranze religiose provenienti da tre paesi limitrofi a maggioranza musulmana. Ma non agli immigrati musulmani che vivono in India.
Un cristiano proveniente da Pakistan, Afghanistan o Bangladesh per esempio potrà ottenere il passaporto indiano dopo 6 anni di permanenza nello Stato invece che 11. Il Governo nazionalista di Modi ha giustificato la legge con la protezione di tali minoranze dalla persecuzione. Nello Stato indiano dell'Assam, che confina con il Bangladesh, sono scoppiate le proteste di coloro che temono invece l'invasione. Altrove le manifestazioni hanno denunciato l'aspetto discriminatorio della legge.
ATS/TG/Swing