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"Inquinamento causa di morte"

Storico verdetto in Gran Bretagna: un medico legale ha collegato il decesso di una bambina allo smog

  • 16 dicembre 2020, 16:11
  • Ieri, 17:57
00:18

Notiziario 15.00 del 16.12.2020

RSI Info 16.12.2020, 17:10

  • keystone
Di: Reuters/ats/eb 

L'inquinamento dell’aria è stato riconosciuto per la prima volta dalla giustizia britannica come una delle cause della morte di una persona. Lo ha stabilito un medico legale della corte londinese di Southwark, esprimendosi sul caso di Ella Kissi-Debrah, una bambina morta all’età di nove anni.

Il coroner Philip Barlow ha affermato che lo smog ha dato un "contributo materiale" al decesso della piccola, che è morta nel 2013 in seguito a una forte crisi d'asma, dopo circa tre anni di problemi respiratori e una trentina di ricoveri in ospedale. La bambina viveva a Lewisham, a meno di 30 metri dalla South Circular, una grande strada molto trafficata a sud di Londra.

Le conclusioni del medico legale sono state supportate dal rapporto di un esperto britannico di inquinamento atmosferico, Stephen Holgate, che ha trovato un collegamento tra i ricoveri di Ella e i picchi di sostanze inquinanti contenute nell'aria nei pressi della sua abitazione, le cui concentrazioni superavano i livelli raccomandati dall'OMS.

Fra le cause del decesso, il coroner ha indicato ufficialmente: "uno scompenso respiratorio acuto; una forma severa di asma; l'esposizione all'inquinamento". I genitori hanno dichiarato agli inquirenti di non esser mai stati messi a conoscenza di pericoli rappresentati dall'inquinamento per la salute della bambina.

Attivisti del clima e gli esperti legali hanno accolto le conclusioni del medico legale londinese come un precedente giuridico di portata "storica e rivoluzionaria". Secondo uno studio del Royal College of Physicians e ed Royal College of Pediatrics and Child Health, circa 40'000 decessi in Gran Bretagna sono da attribuire ogni anno all'inquinamento dell'aria, mentre secondo le Nazioni Unite, in tutto il mondo sono 7 milioni l'anno, di cui 600'000 bambini.

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