Saranno verosimilmente commutate le cinque condanne a morte decise da un tribunale saudita per l'uccisione di Jamal Khashoggi, nell'ottobre 2018 nel consolato di Istanbul.
Il figlio del giornalista, Salah, che vive in patria, ha accordato il perdono a nome della famiglia, un gesto di clemenza che sulla base della legge islamica permette una revisione della sentenza. La fidanzata turca di Kashoggi, da parte sua, ha replicato che l'imboscata e l'assassinio non vanno in prescrizione e nessuno ha il diritto di perdonare i colpevoli.
"Si tratta di una nuova parodia di giustizia da parte delle autorità saudite", ha detto dal canto suo Agnès Callamard, esperta indipendente dell'ONU per le esecuzioni extragiudiziali.
Critico del redime di Riad, Khashoggi era stato ucciso e fatto a pezzi quando si era presentato per ritirare un documento. Il Regno aveva in un primo tempo negato ogni coinvolgimento, prima di processare 11 agenti dei servizi di sicurezza e condannarne 8, che avrebbero agito "senza ordini dell'alto".