È la fine di un’epoca: l’Austria non importerà più gas dalla Russia, dopo che Vienna ha disdetto con effetto immediato i contratti in vigore tra i due paesi, rinnovati nel corso degli anni, dai tempi della Guerra fredda sino ai giorni nostri. Il primo accordo era stato firmato nel 1968, ai tempi dell’Unione Sovietica; l’ultimo, quello siglato nel 2018 sotto l’allora cancelliere Sebastian Kurz, avrebbe dovuto legare Austria e Russia sino al 2040. Poi l’invasione dell’Ucraina nel 2022 ha cambiato non solo l’architettura di sicurezza in Europa, ma anche quella energetica. Il pilastro austriaco delle importazioni di gas dalla Siberia è quindi crollato progressivamente negli ultimi due anni, fino alla decisione comunicata da OMV, il colosso energetico di Vienna, di rescindere l‘intesa ancora in vigore con Gazprom.
Decisione attesa
La svolta era nell’aria, dopo gli sviluppi delle ultime settimane. All’inizio di novembre, la corte della Camera di commercio internazionale aveva condannato il gigante russo al risarcimento nei confronti di OMV di 230 milioni di euro per mancate consegne di gas: dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, le forniture erano avvenute infatti prima a singhiozzo, poi bloccate, ma erano state appunto già pagate in anticipo dall’Austria. Vienna aveva allora deciso come riparazione di sospendere i versamenti a Mosca e Gazprom aveva fermato a sua volta i flussi da metà novembre. Dal punto di vista austriaco, la Russia ha “commesso violazioni contrattuali fondamentali”, come ha sottolineato l’amministratore delegato di OMV Alfred Stern, che ha aggiunto come per la repubblica alpina non ci saranno problemi. Vienna ha riserve sufficienti, gli impianti di stoccaggio sono colmi oltre il 90% e maggiori importazioni arriveranno direttamente dalla Norvegia e da altri paesi, anche sotto forma di GNL (gas naturale liquefatto).
Scenario previsto
“La Russia voleva usare l’energia come arma contro di noi, ma non ha funzionato. Il nostro approvvigionamento energetico è sicuro perché siamo ben preparati. L’Austria non può essere ricattata”, ha affermato inoltre il cancelliere Karl Nehammer dopo il passo ufficiale che ha sancito la fine dei rapporti energetici tra i due paesi. Lo scenario era in ogni caso previsto, anche perché, oltre alla diatriba tra OMV e Gazprom, dalla scorsa estate si sapeva che il transito di gas attraverso l’Ucraina sarebbe stato in ogni caso definitivamente sospeso dal prossimo gennaio, a causa della scelta di Kiev di non rinnovare l’intesa con Mosca per il passaggio: questo è ancora garantito sino alla fine di dicembre dagli accordi tra Russia e Ucraina firmati nel 2019 che appunto non verranno prolungati.
Strategia europea
Sia l’Austria che gli altri paesi dell’Europa centrale che importavano gas da Mosca hanno preso dunque da tempo varie contromisure, nel contesto di una strategia continentale che prevede più importazioni attraverso vie alternative, come il Corridoio sud dall’Azerbaigian e dalla Turchia, oppure sfruttando il GNL importato dagli Stati Uniti o dagli stati del Golfo. La quota di gas russo nelle importazioni dell’Unione europea via gasdotti era già scesa da oltre il 40% nel 2021 a circa l’8% nel 2023, mentre la quota di GNL è rimasta consistente, anche perché Bruxelles non ha adottato provvedimenti restrittivi per le importazioni dirette. Proprio per quanto riguarda il gas liquefatto, gli USA lo scorso anno sono stati il principale fornitore per l’UE, rappresentando quasi il 50% delle importazioni totali, triplicate rispetto al 2021.
Prezzi alle stelle
Il ribaltamento degli equilibri energetici e il distacco dalla Russia hanno però avuto come effetto il rialzo dei prezzi. Se la fase acuta è passata, quella dopo l’inizio della guerra in Ucraina quando il prezzo in Europa era salito sino a 350 euro per megawattora, e oggi oscilla intorno ai 45 euro, si tratta sempre di un livello praticamente raddoppiato rispetto a quello prima delle crisi che si sono susseguite negli ultimi anni, tra la pandemia e i conflitti internazionali. Al momento, gli impianti di stoccaggio europei sono pieni all’81%, in calo rispetto al 91% dell’anno scorso e al di sotto della media quinquennale dell’83%. Non vi sono preoccupazioni sull’esaurimento rapido, anche a causa del clima mite all’inizio dell’inverno, ma il quadro non è stabile e sempre soggetto a possibili repentini cambiamenti.