Approfondimento

L’ultradestra britannica e i social network a braccetto

Da oltre una settimana il Regno Unito è infiammato da proteste e scontri di attivisti di destra, che si sono organizzati soprattutto grazie ai social sulla scorta della diffusione di notizie false

  • 9 agosto, 05:48
  • 9 agosto, 09:09
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Uno degli slogan nato sulla scia della disinformazione traducibile in "quando è troppo è troppo, stop ai barconi"

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Di: dielle

Da ormai oltre una settimana la Gran Bretagna è in fiamme, con continue proteste e pesanti scontri con le forze dell’ordine e diversi agenti feriti. All’origine della rabbia dei manifestanti, alimentata ad arte da esponenti di estrema destra, c’è l’accoltellamento di Southport, in cui hanno perso la vita tre bambine ferite mortalmente, oltre ad altre 10 persone ferite, alcune in modo grave. L’autore dell’attacco è un 17enne nato e cresciuto in Gran Bretagna da genitori di origine ruandese, di cui non sono noti i legami con l’islam.

Dilaga la protesta nel Regno Unito

Telegiornale 05.08.2024, 12:30

Ed è proprio a partire da questo fatto che ha preso il via una vasta operazione di disinformazione che ha portato ai violenti scontri. Tutto è iniziato con la rivolta di Southport durante una veglia per le vittime in cui è stata presa di mira la polizia e la moschea della cittadina, ma poi nei quattro giorni successivi violente manifestazioni di estrema destra hanno avuto luogo in più di una dozzina di città e nelle prossime settimane sono previsti altri eventi. Mercoledì sera si sono invece tenute molte contromanifestazioni pacifiche con migliaia di persone che hanno manifestato in diverse città per mostrare la loro opposizione al razzismo e all’islamofobia. Ma come si è arrivato a tutto questo e che ruolo hanno avuto concretamente i social network, da molti additati come principali responsabili della spirale di violenza?

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Una delle tante controproteste antirazziste di mercoledì, qui a Londra

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Scontri in Gran Bretagna, musulmani presi di mira

SEIDISERA 05.08.2024, 18:31

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La campagna di notizie false alimentata ad arte

Subito dopo il fatto di sangue a Southport, sui social network hanno cominciato presto a circolare informazioni false sull’identità del ragazzo che aveva compiuto l’attacco: un profilo X (ex Twitter) con un nome simile a quello di un’emittente televisiva vera e propria, Channel 3 Now, è stato il primo a sostenere si chiamasse Ali Al-Shakati, che fosse arrivato nel Regno Unito su un barcone e che fosse già stato considerato potenzialmente pericoloso dalle forze dell’ordine. Una notizia poi rilanciata da attivisti e influencer di primo piano dell’estrema destra britannica, ma sostenuta anche da alcuni politici come Nigel Farage – leader del partito di destra Reform UK – che, seppur abbia condannato la violenza contro la polizia, ha giustificato la rabbia dei manifestanti identificando la causa di tutto nell’immigrazione incontrollata, in particolare quella musulmana. Farage ha pure diffuso a sua volta teoria cospirative sull’attacco di Southport.

Proprio per placare l’eco della disinformazione il tribunale di Liverpool ha poi deciso, contrariamente a quanto prevede la legge in presenza di minorenni, di rivelare l’identità del ragazzo, che si chiama Axel Muganwa Rudakubana ed è nato come detto nel Regno Unito nel 2006 (a Cardiff, nel Galles).

Se la parte del leone nella diffusione delle notizie false l’hanno fatta gli attivisti di destra, quindi con uno scopo mirato, all’origine di tutto c’è appunto Channel 3 Now, che è basato su un sito che si occupa di monetizzare il traffico web attirando lettori con titoli fuorvianti e allarmisti mostrandogli poi articoli privi di alcuna fonte, generati molto spesso con software di intelligenza artificiale. Channel 3 Now si è poi scusato per aver condiviso “informazioni fuorvianti” sull’attacco.

Il “plotone” di influencer di estrema destra e il social X come palco

Uno dei fulcri della diffusione delle fake news sull’attacco è stato il profilo di Stephen Yaxley-Lennon, noto sui social con lo pseudonimo Tommy Robinson, che vanta un seguito di oltre 900mila follower su X. È da tempo uno dei più importanti attivisti britannici di estrema destra e anti-musulmani e ha fondato l’ormai defunta English Defence League (EDL) nel 2009.

Secondo il Daily Mail, Robinson ha lasciato negli scorsi giorni la Gran Bretagna per sfuggire a un’udienza che lo avrebbe potuto portare in carcere e si trova attualmente in un hotel a Cipro, da dove ha pubblicato una raffica di video sui social media in cui riportava falsità sull’aggressore 17enne, dicendo che era arrivato nel Regno Unito con un barcone. Ogni post è stato visualizzato centinaia di migliaia di volte – a volte milioni - e condiviso da personalità di destra di tutto il mondo. Come scrive la BBC ad esempio un influencer su X associato a Yaxley-Lennon, che scrive con il nome di “Lord Simon”, è stato tra i primi a invocare pubblicamente proteste a livello nazionale. Il suo account ha promosso false affermazioni sul fatto che il presunto aggressore di Southport fosse un richiedente asilo, e appunto appena arrivato nel Regno Unito via mare. Il suo video è stato visualizzato oltre un milione di volte. Sempre secondo BBC Verify, che ha analizzato centinaia di post sui social e nei gruppi Telegram, non è del tutto possibile individuare chi ha lanciato gli appelli alle proteste, ma lo schema è chiaro: più influencer all’interno di circoli diversi hanno amplificato false affermazioni sull’identità dell’aggressore.

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Stephen Yaxley Lennon/Tommy Robinson durante una manifestazione a Londra lo scorso primo giugno

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“Questo riflette la natura dell’estrema destra contemporanea – ha spiegato al media britannico Joe Mulhall del gruppo di ricerca antirazzista Hope Not Hate –. C’è un gran numero di persone che si impegnano in attività online, ma non c’è una struttura associativa o un distintivo - non ci sono nemmeno leader formalizzati, ma sono diretti dagli influencer dei social media. È come un banco di pesci piuttosto che un’organizzazione tradizionale”.

E in effetti le teorie false sull’origine del 17enne accusato del pluriomicidio sono state amplificate in particolare proprio su X da tutti gli altri principali attivisti di estrema destra britannici, tra cui l’ex membro del gruppo neonazista National Action (sciolto per terrorismo nel 2016) Matthew Hankinson – che si è pure recato a Southport a girare dei video –, ma anche il leader del gruppo Patriotic Alternattive David Miles o il noto influencer misogino Andrew Tate.

X, anche Musk sul banco degli imputati

Non solo il social network X (ex Twitter) è finito quindi sul banco degli imputati, ma anche il suo proprietario Elon Musk, che ha acquistato la piattaforma nel 2022 e che negli anni si è spostato sempre più su posizioni di destra radicale. Secondo un rapporto del Financial Times, i funzionari britannici stanno inoltre affrontando la resistenza di X a rimuovere i post ritenuti una minaccia per la sicurezza nazionale.

Musk ha poi alimentato anche personalmente le tensioni, prendendosela con il neo primo ministro britannico Keir Starmer per la sua risposta alle proteste e diffondendo la teoria di estrema destra che sostiene che i rivoltosi bianchi siano trattati dalla polizia con maggiore severità rispetto alle minoranze. Non solo, il miliardario ha pure scritto, rispondendo a un video dei disordini a Liverpool dello scorso lunedì, che la “guerra civile è inevitabile”.

Elon Musk è pure accusato di aver ridato voce agli attivisti di estrema destra: dopo l’acquisizione di Twitter molti degli estremisti precedentemente esiliati dal social network sono stati riaccolti, tra cui appunto Stephen Yaxley-Lennon/Tommy Robinson, che ha ripetutamente ringraziato Musk da quando è stato reintegrato nel novembre dello scorso anno, definendolo “la cosa migliore che sia accaduta per la libertà di parola in questo secolo”. Robinson ha taggato Musk in diversi post sulla piattaforma, che ha sua volta risposto a uno dei post di Robinson.

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Scontri tra manifestanti di destra e polizia a Londra il 31 luglio

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Come riporta il magazine Wired, secondo il ricercatore sulla disinformazione Marc Owen Jones, un impegno del genere da parte di Musk aumenta drasticamente il numero di visualizzazioni, like e condivisioni che un post su X riceve.

Telegram, Facebook e Tiktok: un contributo non trascurabile con sfumature differenti

Detto dell’importante ruolo di X nell’alimentare la disinformazione e le proteste, anche altri social network sembrano aver avuto un ruolo per nulla trascurabile. Stando alla BBC, uno dei primi segnali delle imminenti proteste è arrivato da un gruppo locale di Southport su Telegram, creato circa sei ore dopo l’attacco. La piattaforma di messaggistica e canali tematici è storicamente utilizzata da attivisti di estrema destra e nel caso inglese la piattaforma è stata pure invasa dalla disinformazione sull’identità del presunto aggressore e da post di altri gruppi di estrema destra. Nonostante il canale da cui è partito tutto non abbia un grande numero di seguaci, post e manifesti che annunciavano le violente proteste – a volte con tanto di istruzioni su come non farsi identificare – sono poi finiti da qui su TikTok e Facebook con ampie condivisioni. Secondo un’analisi di Wired, i canali dell’estrema destra non solo hanno pubblicato informazioni su luoghi e orari delle proteste, ma hanno anche condiviso informazioni su come costruire bombe molotov e dare fuoco agli edifici.

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A differenza di X, Telegram qualche provvedimento lo ha però preso, almeno contro uno dei canali utilizzati che è stato chiuso. Inoltre la piattaforma ha dichiarato sempre a Wired che i moderatori “stanno monitorando attivamente la situazione e stanno rimuovendo i canali e i post contenenti appelli alla violenza”.

Su Facebook, come scritto, sono invece “rimbalzati” diversi contenuti e sono nati diversi gruppi locali, che – insieme a Telegram, ma anche Whatsapp – sono serviti a organizzare i raduni con breve preavviso e grazie alla diffusione di volantini e appuntamenti vari.

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TikTok Live è invece servito finora come palcoscenico per i rivoltosi: il social si è infatti riempito di video delle violenze contro la polizia in diverse città inglesi. Un’arma a doppio taglio in questo caso, considerato che la polizia ha utilizzato molti filmati per perseguire una prima ondata di manifestanti.

La risposta di Starmer…su X

A questo proposito “oltre 400 persone sono state arrestate, 100 sono state incriminate, anche in relazione ad attività online, e alcune di loro sono già in tribunale. Mi aspetto una sentenza sostanziale entro la fine di questa settimana”. Lo ha detto martedì il premier britannico laburista Keir Starmer – tanto per cambiare – sul social X. Starmer dall’inizio delle rivolte ha promesso infatti una risposta dura, anche per le attività online, pur non avendo mai citato direttamente X o Elon Musk in relazione alla radicalizzazione sul web.

Come riportato da Politico, il giorno prima il premier ha tenuto una riunione d’emergenza con ministri e alti funzionari e, subito dopo, ha promesso di “potenziare” la giustizia penale britannica per arrestare e perseguire i rivoltosi. Già domenica, visibilmente arrabbiato, Starmer aveva descritto i disordini come “teppismo di estrema destra” giurando di punire tutte le persone coinvolte. Giovedì, due uomini arrestati durante gli incidenti della scorsa settimana, sono stati condannati a due anni e otto mesi di carcere.

In questa fase ancora calda, il governo laburista ha inoltre promesso un’ulteriore protezione per le moschee, mentre i ministri si stanno confrontando con le aziende di social media per chiedere un’azione più incisiva per affrontare la questione del materiale criminale presente sulle loro piattaforme.

Un’estrema destra atomizzata che punta tutto sui social

A differenza di altri Paesi europei l’estrema destra britannica ha una scarsa organizzazione politica. Nonostante in passato i partiti esplicitamente legati all’estrema destra britannica hanno raccolto centinaia di migliaia di voti alle elezioni generali e hanno ottenuto una rappresentanza nei consigli locali e nel Parlamento europeo, nelle ultime recenti elezioni hanno avuto un impatto decisamente scarso.

Come spiegato da Politico, invece di cercare una via elettorale, l’estrema destra britannica, in gran parte atomizzata, usa quindi i social media per organizzarsi, come nel caso dell’accoltellamento di Southport che ha permesso alle sue figure più importanti e ai suoi sostenitori all’estero di approfittare della situazione alimentando la disinformazione iniziale diffusa all’indomani dell’attacco.

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