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La Spagna in prima linea

Tre medici di Madrid raccontano come stanno affrontando l'emergenza Covid-19

  • 27 marzo 2020, 09:08
  • 9 giugno 2023, 23:35
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Coronavirus: il dramma della Spagna nel racconto di tre medici

RSI/Davide Mattei 27.03.2020, 09:01

Di: Davide Mattei 

"Quello che stiamo vivendo si assomiglia molto a una situazione di guerra, con numerose vittime e un sistema sanitario messo sotto enorme stress" ci dice il Dr. Juan González del Castillo.

Mascherina calata sul collo, occhi stanchi di chi da un mese torna a casa solo per dormire qualche ora, del Castillo è stato chiamato a coordinare le operazioni mediche del grande ospedale da campo montato in cinque giorni all'interno dell'IFEMA, la fiera di Madrid, che dovrebbe arrivare a 5'000 letti.

L'ospedale campo montato in cinque giorni all'interno dell'IFEMA, la fiera di Madrid

L'ospedale campo montato in cinque giorni all'interno dell'IFEMA, la fiera di Madrid

L'ospedale campo montato in cinque giorni all'interno dell'IFEMA, la fiera di Madrid

L'ospedale campo montato in cinque giorni all'interno dell'IFEMA, la fiera di Madrid

L'ospedale è stato creato per allentare la pressione sugli ospedali della regione, già occupati oltre il limite, e dovrebbe accogliere soprattutto casi più lievi, ma la violenza del virus accelera tutto: "Fanno complicazioni respiratorie acute e un paziente del quale stavi parlando alla famiglia un ora prima, ora è deceduto", racconta del Castillo con un nodo alla la gola sempre più stretto.

La Spagna ha superato venerdì i 4'800 morti per Covid-19 contabilizzando 769 nuovi morti, in un'impennata sempre più vertiginosa.

All'ospedale Clínico la situazione è inedita: "i medici con più anzianità si rifanno all'inizio dell'HIV o della sindrome della colza, che in Spagna fece varie vittime" per cercare momenti simili a questo, "ma nessuno gli assomiglia per numero di morti" spiega la dottoressa María José Núñez, affranta dal vedere il suo ospedale saturato e le possibilità di salvare vite, crudamente ridotte.

"Non si può fare più di tanto" quando non ci sono più letti in terapia intensiva, respiratori o flebo per i pazienti, constata impotente Sabina Herrera, dal Ramon y Cajal. "Le stanze con due letti, ora ne hanno tre, la palestra è stata svuotata per metterne altri, le sale operatorie sono diventate di terapia intensiva" continua, descrivendo un sistema che fa di tutto per incassare un'onda che sembra a punto di travolgerlo.

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