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La "Twexit" già azzoppata

La fuga da Twitter di Donald Trump e sostenitori, dopo la censura, verso il social “Parler” subisce una frenata: Apple, Google e Amazon lo hanno messo offline

  • 11 gennaio 2021, 12:05
  • 22 novembre, 17:50
Al momento non si può più "parler"

Al momento non si può più "parler"

  • keystone
Di: ATS/dielle 

Il social network Parler è offline, secondo quanto indicato da un sito specializzato di monitoraggio del web. La piattaforma scelta dal presidente americano Donald Trump come ripiego dopo la sospensione definitiva dei propri account da parte di Twitter e Facebook, che ha dato origine all’hashtag #Twexit, è infatti stata rimossa dagli app store di Apple e Google. Amazon, che ospita i server del servizio di microblogging, li ha inoltre disabilitati domenica 10 gennaio, dopo aver rilevato e segnalato nella scorsa settimana oltre un centinaio di post che incitavano alla violenza.

01:32

Notiziario 07.00 del 9.01.2021 - Twitter sospende Donald Trump

RSI Info 09.01.2021, 09:44

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Tutte e tre le grandi aziende hanno motivato la cancellazione con la scarsissima moderazione presente sul sito, che permette di scrivere di tutto, inclusi riferimenti e incitamenti a odio e violenza e in molti lo ritengono parte in causa nell’assalto al Congresso USA dello scorso mercoledì. Da parte sua il CEO di Parler John Matze ha spiegato che la piattaforma potrebbe restare offline una settimana, il tempo di trovare un nuovo server.

Che cos’è Parler?

Il servizio di microblogging statunitense Parler è stato lanciato nell’agosto del 2018 e, tra i suoi utenti, una larga fetta è rappresentata da sostenitori di Donald Trump, così come da estremisti di destra, complottisti e sostenitori della teoria di QAnon. Il social network garantisce infatti regole di moderazione molto più blande rispetto ai più noti concorrenti, e per questo si trovano spesso contenuti violenti e discriminatori che altrove verrebbero rimossi più o meno prontamente dai moderatori. Nonostante la piattaforma non abbia reso noto ufficialmente l’identità dei suoi proprietari oltre a quella dei fondatori John Matze e Jared Thomson, è confermato, dopo rivelazioni del Wall Street Journal, che tra i finanziatori figurano l’investitrice conservatrice Rebekah Mercer e il commentatore politico conservatore Dan Bongino, definitosi uno dei proprietari. La famiglia Mercer era già stata anche fondatrice, insieme a Steve Bannon, della nota e contestata Cambridge Analytica.

Parler si autodefinisce paladino della libertà di parola, “garantendo al contempo i diritti e la privacy dei membri della comunità”. Un altro aspetto su cui punta il social network è la “fiducia”: tutti i dati personali restano riservati e non vengono mai venduti a terzi. Dal sito sono inoltre esclusi, sempre secondo la società, bot e robot, grazie a una procedura di verifica tramite email e numero di telefono.

Parler è (era) disponibile anche in Italiano e, secondo la società, a novembre 2020 il servizio contava circa 4 milioni di utenti attivi e oltre 10 milioni di utenti totali.

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