Nell’era della moda usa e getta, sono sempre di più le catene di abbigliamento che raccolgono gli indumenti smessi per riciclarli. Ma dove vanno a finire questi vestiti? La maggior parte viene portata in India, precisamente a Panipat, una città di 300'000 abitanti a 60 chilometri da Delhi, nota come la “capitale mondiale delle pezze”.
E qui, nel cimitero degli abiti usati, ne arrivano a camionate ogni giorno, in attesa di una nuova vita. “Importiamo vestiti in blocco da diversi paesi, soprattutto da quelli europei e da Dubai, e separiamo i diversi colori”, spiega l’imprenditore indiano Ayush Mittal. Il processo di ritorno al filato è laborioso e deve venire effettuato a mano: prima si tolgono bottoni e cerniere, poi si separano i capi per colore e materiale e infine si riducono le fibre in pezzi minuscoli, che poi vengono filati, sempre a mano, insieme a del filo nuovo.
Il percorso a ritroso degli indumenti che mettiamo nei cestini del riciclo, spesso, passa per le mani dei bambini. In India è proibito lavorare al di sotto dei 14 anni, ma la legge permette ai minori di aiutare in casa. Basta girare per le vie della città per imbattersi in una famiglia dedita allo smembramento del filato di jeans uati. Una ONG si sta impegnando per sottrarre i più giovani a questa schiavitù, offrendo una scuola a orari flessibili che permetta loro di recuperare gli anni perduti.