Grandi manovre nel mondo della destra sovranista europea: sedici partiti, che oggi appartengono a tre gruppi diversi, hanno firmato una carta comune dei valori, che potrebbe preludere alla creazione di una famiglia comune.
C’è Fidesz, il partito del premier ungherese Vitkor Orban, espulso mesi fa dal partito popolare europeo di cui era da anni l’”enfant terrible”. Una espulsione che ne ha accelerato lo spostamento a destra , liberandolo dagli ultimi vincoli.
C’è il partito Diritto e Giustizia che governa la Polonia. Ed è significativo perché il suo leader Kaczynski, a differenza di Orban, non è affatto filorusso.
Ci sono lega e fratelli d’italia, il Rassemblement National di Marine Le Pen, la spagnola VOX, la FPO austriaca, il Vlaams Belang Belga, i veri finlandesi, i popolari danesi e molti altri ancora. Non c’è Alternative fur Deutschland e anche il premier sloveno Jansa, amico di Orban e da ieri presidente di turno dell’Unione europea, ha detto che intende restare nel PPE.
C’è insomma quasi tutta la destra sovranista del continente, al governo o all’opposizione, esclusi solo i partiti più estremisti. Per ora l’accordo è su una carta dei valori comuni: libertà e identità invece di burocrazia e omologazione, scrive su twitter il leader leghista italiano Matteo Salvini, che però – a differenza di Giorgia Meloni – sta nella coalizione che sostiene il governo Draghi.
È chiaro che delle manovre sono in corso, in vista degli appuntamenti elettorali dei prossimi mesi: in Francia, in Germania, forse in Italia e altrove. E anche al parlamento europeo, dove un gruppo comune significherebbe più soldi, più tempo di parola, più posti, insomma piu potere.