Prima un mondiale di calcio (Qatar 2022), oggi la conferenza sul clima di Dubai, domani l’expo universale (Arabia Saudita 2030) e dopo domani ancora un secondo mondiale di calcio (Arabia Saudita 2034). A condire il tutto troviamo poi svariati miliardi spesi nei più pionieristici progetti del nostro tempo, come una città lunga chilometri e una stazione sciistica nel deserto. Questa è la penisola arabica e la sua corsa sembra voler arrivare in vetta al mondo.
Ma da dove nasce tutto questo slancio? Probabilmente dal vuoto lasciato sullo scacchiere internazionale dei Paesi europei, concentrati sulla crisi economica e su quella in Ucraina. Questa almeno è la visione di Hasni Abidi, politologo all’università di Ginevra ed esperto del mondo arabo, che vede nell’operato arabico prove di una rinnovata fiducia in sé stesso. Negli ultimi tempi “nella penisola hanno capito di essere importanti, interessanti, corteggiati” e queste lusinghe hanno spinto le nazioni affacciate sul golfo persico a osare puntando sempre più in alto.
Secondo il politologo a capeggiare il gruppo c’è l’Arabia Saudita e in particolare il suo leader Mohammed Bin Salman. La sua popolarità è sorprendente e “i giovani sono entusiasti del principe, che in passato ha cancellato i privilegi dei membri della famiglia reale”. “Inoltre ha cominciato ad aprire il paese, concedendo alle donne la libertà di guidare e abolendo la polizia religiosa”.
E se sul piano della politica interna l’Arabia Saudita ha già mosso i suoi primi timidi passi nel futuro, rispetto alle relazioni internazionali le sue mosse sono più misurate. “Oggi la politica estera dell’Arabia Saudita si basa sulla moderazione, ad esempio con l’Iran e con Israele”, spiega Abidi, sostenendo che la monarchia voglia “assolutamente evitare l’esportazione del conflitto fra Hamas e Israele”.