Il Regno Unito e la Turchia firmeranno martedì un accordo di libero scambio. Lo riferisce il Financial Times. "L'accordo che intendiamo firmare questa settimana prevede accordi commerciali senza dazi e contribuirà a sostenere le nostre relazioni commerciali" che "l'anno scorso sono state del valore di 18,6 miliardi di sterline. L'intesa garantirà migliaia di posti di lavoro in tutto il Regno Unito nei settori manifatturiero, automobilistico e siderurgico", ha detto Liz Truss, Segretario al commercio internazionale.
Sollievo di Londra e Ankara, che temevano un no-deal
Il Regno Unito - ricorda il Financial Times - è il secondo più grande mercato di esportazione della Turchia, ma l'unione doganale di Ankara con l'UE impediva un accordo di libero scambio finché non fosse stato concluso un accordo tra Londra e Bruxelles sulla Brexit. Un funzionario britannico ha detto al Ft che c'è stato un "immediato senso di sollievo" per l'accordo, perché sia i produttori turchi che le loro controparti britanniche erano preoccupati della prospettiva di un no deal.
Il nuovo accordo cerca di replicare i termini commerciali attualmente esistenti tra il Regno Unito e la Turchia, con scambi senza dazi su tutti i prodotti non agricoli. Londra ha inoltre accettato di rinnovare le tariffe agevolate di cui la Turchia gode su alcuni prodotti agricoli nell'ambito della sua unione doganale con l'UE. L'accordo contiene, inoltre, una clausola di revisione entro i prossimi due anni per valutare se espandere ulteriormente l'accordo per includere i servizi, compresi quelli digitali, e normative più liberali su commercio e agricoltura. Ankara ha a lungo cercato un aggiornamento simile al suo accordo doganale con l'Ue, ma il processo è stato bloccato in gran parte per motivi politici a causa dei contrasti tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e i leader europei.
L'accordo di libero scambio che il Regno Unito si accinge a siglare è il primo da quando Londra ha raggiunto l'accordo post-Brexit con l'UE giovedì scorso. Un accordo di compromesso per raggiungere il quale il governo britannico ha dovuto cedere su qualcosa, riuscendo tuttavia anche a indurre l'Ue - un fronte di 27 Stati - a piegarsi su non poco altro.
Johnson canta vittoria, l'UE si è accontentata
Il premier del Regno Unito, Boris Johnson, ha cantato vittoria, al punto che il premier conservatore non esita ora a vantarsi che la libertà di cui potranno godere in avvenire le imprese del Regno in fatto di regolamenti, lacci e lacciuoli sarà davvero ad ampio spettro, con notevoli possibilità di "divergere dagli standard" di Bruxelles: visto che l'UE - in cambio di un'intesa senza precedenti "a zero quote e zero dazi" doganali sulle merci, nell'ambito di un interscambio "da 660 miliardi di sterline" - si sarebbe accontentata in fin dei conti dell'impegno di Londra a non "sfruttare i bambini nelle ferriere", qualcosa che sarebbe stato lecito "attendersi comunque", ammicca Boris.
Un aspetto confermato del resto, sebbene con preoccupazione, pure dall'esame condotto sul testo del trattato dal think tank progressista IPPR (Institute for Public Policy Research).
Non bastasse questo, Johnson nota ancora come il deal valga per i servizi - finanza a parte - che "pesano per l'80% delle esportazioni britanniche" nel continente e comprende "l'accesso di avvocati" e studi legali al mercato europeo, coprendo pure il settore digitale, chiave dello sviluppo tecnologico futuro.
Brexit, il giorno dopo
Telegiornale 25.12.2020, 21:00