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"Macron è stato audace"

Jean-Marie Colombani analizza la situazione politica in Francia prima del ballottaggio presidenziale

  • 26 aprile 2017, 23:15
  • 23 novembre, 05:55
Jean-Marie Colombani alla RSI

Jean-Marie Colombani alla RSI

  • rsi/Lucia Mottini

Ex direttore di Le Monde, Jean-Marie Colombani era ospite a Lugano della consegna dei premi di giornalismo della Svizzera italiana. Lucia Mottini lo ha intervistato, chiedendogli di analizzare la situazione politica in Francia dopo il primo turno delle elezioni presidenziali.

Jean-Marie Colombani, nel 2002 – quando il padre di Marine Le Pen si qualificò per il secondo turno – lei titolava il suo editoriale di Le Monde “Chirac, la Francia è nelle tue mani”. Oggi scriverebbe “Macron, la Francia è nelle tue mani”?

In un certo senso. Ma non è esattamente la stessa cosa. Perché Jean-Marie Le Pen fu uno choc, le sue posizioni facevano paura. Sua figlia è sempre di estrema destra, sostiene sempre misure pericolose, ha sempre una visione della società che fa paura, ma lo mostra meno, lo nasconde meglio. La presenza dell’estrema destra nella vita politica francese è ormai radicata e per questo non c’è stata la sera del primo turno una profonda scossa come nel 2002. La presenza di Marine Le Pen è risultata banale. Tanto più che da due o tre anni tutti gli istituti di sondaggio e gli analisti ci dicevano che sarebbe stata in testa al primo turno. Un’altra differenza è che il padre non ha mai voluto conquistare il potere: lui cercava una posizione politicamente redditizia su cui campare. Sua figlia Marine, invece, vuole il potere.

In questi anni Marine Le Pen ha comunque cercato di smarcarsi dal padre e dalla tradizione anti-gaullista del suo partito. Secondo lei è quindi cambiata solo la copertina?

Il core business del Front National (FN) è lo stesso con padre e figlia. E cioè: a ogni problema si risponde non con una soluzione, ma con la designazione di un capro espiatorio. “Tutte le nostre disgrazie sono dovute agli immigrati”, “tutte le nostre disgrazie sono dovute all’Europa”. Sono sempre gli “altri” i colpevoli. Il FN è nato da una protesta contro l’immigrazione. Marine Le Pen è sempre presente perché continua a coltivare il rifiuto dell’immigrazione. È veramente il cuore della loro dottrina e della loro identità. Rispetto a suo padre, Marine Le Pen però ha cambiato la dottrina economica: lui era ultra-liberale. Marine Le Pen invece fa del “socialismo”. Si potrebbe infatti dire che si tratta di un movimento nazionale -e- socialista. Promette infatti l’intervento dello Stato in favore delle piccole pensioni, dei salari bassi e così via. Un approccio sociale che spiega anche la vicinanza con l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélanchon.

La banalizzazione del FN non è legata a un atteggiamento più morbido della destra repubblicana nei suoi confronti? Alcuni abboccamenti sarebbero già in corso in vista del secondo turno….

Sì, ma è un fenomeno marginale. È vero che le parole di Marine Le Pen sull’immigrazione e in parte sull’Europa, sono state legittimate da alcuni discorsi di Nicolas Sarkozy: ha abituato una parte della destra a rispondere a certi problemi come il FN. Questo ha facilitato il passaggio di elettori di destra all’estrema destra. Sul piano dei leader, i principali rimangono comunque contrari all’estrema destra. Ma non c’è più la barriera impermeabile che c’era ai tempi di Jacques Chirac.

Parliamo ora del fenomeno Macron che impressiona per la rapidità della sua crescita. Da dove prende la sua forza e quanto è solido, secondo lei, questo giovane politico?

Emmanuel Macron all’inizio è una creatura politica di François Hollande che l’ha creato ex nihilo. Incarna molto velocemente agli occhi dei francesi l’aspirazione al rinnovamento della classe politica. È un’aspirazione molto forte ed è questo che gli dà forza. Poi ha avuto un’audacia pazzesca, perché ha lasciato il governo, ha lanciato il suo movimento - appena un anno fa! - e si è buttato nella campagna presidenziale scommettendo sulle divisioni della sinistra che le avrebbero impedito di qualificarsi al secondo turno. Al secondo turno avrebbe così potuto esserci lui ad affrontare l’estrema destra. Cammin facendo ha beneficiato di circostanze eccezionali e fortuite. Prima di tutto la sconfitta di Alain Juppé nelle primarie della destra, un Alain Juppé che incarna una visione moderata della destra e del centro, umanista europeista, liberale. Se fosse stato Alain Juppé il candidato della destra, ci sarebbe stato molto poco spazio per Macron. Seconda circostanza favorevole: la rinuncia del presidente della repubblica François Hollande. Che lo voglia o no, il ritiro di Hollande, ha fatto di Macron il suo erede. Terzo fattore favorevole: il fiasco di Valls nelle primarie della sinistra, Valls che è il rivale di Macron perché sostiene un po’ le stesse idee. Infine, ultimo elemento, il caso assurdo di François Fillon: la destra - che è la maggioranza in Francia!- si è trovata esclusa dal secondo turno. Certo Macron ha avuto molta fortuna, ma questo non toglie niente all’audacia estrema di un uomo che analizza di avere uno spazio, lancia un movimento e fa nascere la speranza in molti giovani e nella società civile fino a portare l’aspirazione al rinnovamento al secondo turno delle presidenziali.

È sicuramente audace, ma ha anche le capacità per governare un paese come la Francia?

Nessuno può saperlo prima! Quello che è sicuro è che ha forza di carattere. Poi nell’esercizio del potere…dice che vuole prendere il meglio della destra e della sinistra. Ma prima di tutto deve riuscire ad aggregare il meglio della destra e della sinistra! E poi dovrà operare in un paese che è molto difficile da governare. Si rimprovera molto a François Hollande la sua prudenza, come lo si era rimproverato a Jacques Chirac….e a ben vedere, anche Nicolas Sarkozy nella gestione economica e sociale del paese è stato prudente: questo perché la società è eruttiva e c’è in Francia un’atmosfera spiacevole di risentimento, di astio, fatta di sguardi incrociati pieni di diffidenza. Emmanuel Macron può incarnare l’opportunità di essere diversi, di ritrovare fiducia in noi stessi. Ma ci riuscirà?

Macron non dispone nemmeno di un partito vero e proprio: se dovesse vincere dovrebbe subito affrontare il rompicapo delle legislative di giugno da affrontare senza essere radicato nel territorio.

Sarà l’esercizio più difficile. Ci sono tre scenari. Nel primo Macron vince la scommessa di conquistare una maggioranza in parlamento presentando dei candidati che sostengono la sua azione: sarebbe nella logica della Quinta repubblica dove i vincitori delle presidenziali hanno sempre avuto la maggioranza per governare. Così è stato per Mitterand, Chirac, Sarkozy e Hollande. Secondo scenario: la destra – che ha perso a causa dell’ostinazione di François Fillon – è sempre molto forte. Alle legislative “Les républicains”, il partito di Nicolas Sarkozy, potrebbe ottenere la maggioranza all’Assemblea nazionale: in quel caso Macron dovrebbe scegliere un primo ministro della destra e governare con lui. Terzo scenario: nessuno ottiene la maggioranza e Emmanuel Macron deve formare una coalizione. Sono in molti a volervi partecipare, a sinistra come a destra. Sarebbe un’esperienza inedita per la Francia.

D’altro canto Marine Le Pen, che attualmente ha solo due deputati, potrebbe incamerarne molti di più.

Certo! Anche se il risultato di Marine Le Pen è inferiore a quello che avrebbe potuto sperare, si vede sulla carta di Francia che nel Nord, all’Est e nel Sud-est Marie Le Pen ha spesso ottenuto intorno al 30% e in queste regioni del paese verranno eletti molti deputati del Front National. Ci saranno molti duelli tra la destra e l’estrema destra, forse molte sfide a tre. E non vedo come il Front National potrebbe avere meno di un centinaio di deputati.

Il partito socialista esce con le ossa rotte da questo scrutinio. Si rafforza la sinistra radicale, mentre l’ala destra del partito sembra tentata dall’esperimento Macron. Quale scenario vede per la sinistra in Francia, lei che scrisse un libro dal titolo molto attuale “La gauche survivra-t-elle aux socialistes?”

(ride) Oggi la domanda sarebbe: i socialisti sopravviveranno? Penso che ci sia la possibilità che il partito socialista si spacchi. Un esempio: le ultime dichiarazioni dell’ex primo ministro Manuel Valls. Valls cerca apertamente la spaccatura del partito socialista e vuole formare qualcosa d’altro. La parte rappresentata da Benoît Hamon, la cosiddetta fronda, è ideologicamente più vicina alla sinistra di Mélanchon che a quella di governo. E poi c’è il partito socialista “normale”, riformista che è stato escluso dalle presidenziali con la rinuncia di Hollande, rinnegato da Emmanuel Macron e combattuto da Benoît Hamon. Il grande interrogativo di queste elezioni sarà se sopravviverà una sinistra riformista sufficientemente forte, come esiste in Germania e Italia o se il partito socialista conoscerà il destino del partito laburista britannico, con una linea ideologica che lo condannerà a venti anni di opposizione, con probabili scissioni. Questa volta è davvero in gioco la sua sopravvivenza.

Lucia Mottini

DAL TG20:

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