"Se dobbiamo usare la forza, è perché siamo l'America; siamo la nazione indispensabile". Madeleine Albright, morta mercoledì all'età di 84 anni a causa di un cancro, non è stata solo la prima Segretaria di Stato americana, la più alta carica politica raggiunta da una donna sino al 1997, ma è stata soprattutto una tenace e persuasiva ambasciatrice dell’indispensabilità statunitense.
La dichiarazione dei famigliari
Era il febbraio del 1998 quando Albright battezzò il ruolo americano – “faro della democrazia” – per giustificare la severità degli Stati Uniti nei confronti dell’Iraq dalle perplessità delle Nazioni Uniti, . “Siamo la nazione indispensabile – disse –, siamo più grandi e vediamo più lontano di altri paesi nel futuro, e vediamo il pericolo per tutti noi”. Era questo robusto mantra diplomatico, un mix di obiettivi strategici e morali, la dottrina Albright: nella ex Jugoslavia, ad Haiti, nel Medio Oriente.
Madeleine Albright nata Marie Jana Korbel nel 1937 a Praga. Di origine ebrea, la famiglia si convertì al cattolicesimo per fuggire la persecuzione nazista, ma molti suoi parenti persero la vita nell’Olocausto. Nel 1948, quando la Cecoslovacchia passò sotto l’egida sovietica la famiglia si trasferì negli Stati Uniti, in Colorado. Durante un lavoro estivo al college, al Denver Post conobbe il futuro marito, l’editore Joseph Albright. Studentessa brillante, dopo la laurea in relazioni internazionali a Washington Albright divenne raffinata analista politica e consigliera in politica estera di Jimmy Carter e di diversi candidati democratici.
Sconosciuta ai più prima dell’avvento di Bill Clinton, Albright era nota per il suo essere una dura e per la sua comunicazione diretta e persuasiva, capace di farsi comprendere dal cittadino americano. Famosi i suoi scontri con il Segretario alla Nazioni Unite Boutrous Ghali per il mancato impegno statunitense in Ruanda. Un disimpegno di cui l’ex Segretaria di Stato si pentì, "il più grande rammarico non aver fermato quei crimini" scrisse nell’autobiografia Madam Secretary nel 2003.
Lasciata l’Amministrazione, Albright ha continuato a occuparsi di relazioni internazionali e pubblicato diverse opere: nell’ultima Fascism: A Warning (“Fascismo: un avvertimento”, 2018) avvertiva come i leader autoritari (citando Chavez, Erdogan, Orban e Putin) oggi prendano il potere non con fucili e pistole, ma trasformando lentamente le democrazie fino a deturparle. Quasi un avvertimento amaro, per non farsi trovare sconsolati e impreparati di comprendere perché il mondo democratico si è capovolto. I segnali di allarme, lei abituata a coglierli prima degli altri.
Notiziario delle 21.00 del 23.02.22 - È morta Madeleine Albright
RSI Info 23.03.2022, 22:04
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