Si fanno sempre più pesanti le conseguenze del sisma avvenuto lunedì tra Turchia e Siria. Stando agli ultimi aggiornamenti il terremoto ha causato oltre 28'000 morti e gravi danni alle infrastrutture dei due Paesi.
Il presidente dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus sabato si è recato in Siria. Al suo arrivo ha annunciato ai giornalisti una consegna di “circa 37 tonnellate di forniture mediche d’urgenza” per far fronte alla situazione in cui versa il paese: secondo l’organizzazione infatti ben oltre il 50% dei servizi sanitari siriani è fuori uso.
Dal teatro del sisma giunge la testimonianza di Mauro Bonomi. Specialista dell’aiuto umanitario della Confederazione, Bonomi è stato uno dei primi soccorritori a partire lunedì sera alla volta della Turchia da Zurigo, assieme al suo cane da catastrofe Luna.
Ancora sul luogo della catastrofe, Bonomi ha condiviso le impressioni vissute durante la settimana: le forti emozioni e la gioia per essere riusciti a salvare delle vite, la stanchezza fisica ed emotiva, l'essere confrontati direttamente con un dramma fatto di morti e feriti, il non poter aiutare tutti coloro che chiedono aiuto.
“Fisicamente sto bene, un po’ stanco mentalmente, con quello che ho visto e ho vissuto. Ci vuole un attimino a digerire il tutto”.
Tutto è iniziato lunedì mattina, circa alle 6, quando è arrivata la chiamata. Poche ore dopo si trovava su un treno per Zurigo e, poco dopo, su un aeroplano diretto in Turchia. Assieme a lui l'inseparabile Luna, pronti per la loro prima missione all'estero. Dopo quasi una settimana di impiego, una dell'immagini più forti che emerge dai suoi ricordi è quella del salvataggio di una madre e di sua figlia.
“Dopo dodici ore di lavoro, il gruppo di estrazione è riuscito a togliere la bambina viva di cinque mesi e la mamma; quella è stata un'emozione grandissima. E lì una lacrimuccia di felicità e euforia c'è stata. Oltretutto stava bene”, racconta non riuscendo a nascondere le emozioni che l'episodio suscita ancora.
Ma questo piccolo miracolo tuttavia si disperde nella coltre della tragedia: cercare vita tra le macerie per i soccorritori significa infatti essere confrontati soprattutto con immagini drammatiche. Immagini che non risparmiano la memoria di Bonomi. “Tutto il resto, tutto il negativo. Tutti i morti, tutti le persone che dormivano in strada perché hanno paura di un secondo scossa, è abbastanza dura.”
E poi, soprattutto, l'impotenza di fronte alle richieste d'aiuto: durante “il primo primo intervento, tutti ci fermavano, mi tiravano per la giacca per intervenire col cane, ma purtroppo non potevo intervenire”. “Dovevo avere l'autorizzazione dell'ingegnere tecnico che mi diceva se si poteva entrare oppure no” spiega, aggiungendo che “questo fa male al cuore, ma purtroppo essendo una cosa molto grande non possiamo arrivare dappertutto”.
Con il passare dei giorni le possibilità di ritrovare persone vive diminuiscono, così come la speranza degli amici e dei famigliari, impotenti di fronte alle macerie. “La prima fase è come una lettera di disperazione e poi dal terzo quarto giorno si vedeva che anche la gente era rassegnata” racconta Bonomi. “Al momento stiamo ancora lavorando finché ci diranno che ok, la missione è terminata o proseguiamo con la ricerca, ma c'è speranza. Qualcosa c'è sempre, ma purtroppo dopo cinque o sei giorni la speranza di ritrovare una persona viva è molto sottile.” Conclude il soccorritore.
Mauro Bonomi e il suo cane Luna, addestrato per la ricerca di sopravvissuti, continueranno a lavorare fino a quando la prima fase dei soccorsi non verrà dichiarata conclusa. La data del loro rientro in Svizzera tuttavia, con l'ottantina di soccorritori dell'aiuto umanitario partiti lunedì - fa sapere il Dipartimento degli affari esteri - non è ancora stata definita.
Altri specialisti svizzeri prenderanno poi il loro posto. Dovranno affrontare altri compiti urgenti, come il sostegno medico per la cura dei feriti e la valutazione dello stato degli edifici che non sono crollati.