Ministra libica incontra l'omologo israeliano: sospesa

Il capo del Governo libico Abdelhamid Dbeibah ha sospeso lunedì la ministra degli esteri Najla al Mangush, ora sottoposta ad inchiesta amministrativa per un incontro con il suo omologo israeliano avvenuto la scorsa settimana in Italia ma reso pubblico soltanto domenica, provocando moti di protesta a Tripoli e in altre città.

Il Paese nordafricano, nel caos dalla fine del regime di Muammar Gheddafi nel 2011, non intrattiene infatti relazioni ufficiali con Israele. Non è fra quelli che hanno aderito ai cosiddetti "Accordi di Abramo" che lo Stato ebraico ha stretto sotto l'egida statunitense con diverse capitali arabe nel corso degli ultimi anni.

Stando a un comunicato del suo Ministero, al Mangush si sarebbe attenuta a questa linea ribadendo "senza ambiguità la posizione libica riguardo alla causa palestinese" e rifiutando qualsiasi colloquio ufficiale con rappresentanti di Israele. Si sarebbe trattato, insomma, solo di un incontro fortuito e ufficioso.

La versione della controparte è diversa: nel corso del faccia a faccia patrocinato dal capo della diplomazia italiana Antonio Tajani, il ministro israeliano Eli Cohen afferma di aver citato "il grande potenziale delle relazioni fra i due Paesi".

La maggior parte degli ebrei che vivevano in Libia se ne erano andati nel corso del ventennio successivo alla Seconda guerra mondiale, diretti soprattutto in Israele. Erano rimasti in poche centinaia, ma al suo arrivo al potere nel 1969 Gheddafi li aveva espulsi, facendo confiscare i loro beni e distruggendo le sinagoghe.