Nel sud della Cisgiordania, nei dintorni di Hebron, c’è un triangolo di terra molto arida e ventosa ma contesa con forza, quando non con violenza, da tanti coloni israeliani che hanno costruito qui i loro insediamenti. In alcuni casi si tratta di edificazioni non autorizzate, in diversi casi invece c’è anche un ordine di demolizione, ma fino a quando non interverrà l’esercito – solitamente più solerte ad abbattere le case dei palestinesi - la loro vita continuerà senza troppi problemi.
"A permettere che questo avvenga – spiega Nadav Weiman, membro dell'organizzazione Breaking the Silence - è proprio lo Stato di Israele, che porta avanti il progetto di occupazione di questo territorio a scapito dei palestinesi, che vivono qui da sempre, ma che non hanno leggi in grado di difenderli".
Famiglie nelle caverne
Tra queste colline dove si intuisce che la vita è dura, sorgono tante antiche grotte, che potrebbero un domani diventare patrimonio dell’Unesco, in cui ancora oggi vivono famiglie palestinesi che hanno visto le loro case demolite anche a più riprese. Famiglie che scelgono così di tornare a vivere nelle caverne, che in estate restano fresche, mentre in inverno proteggono dal freddo conservando il tepore.
"Insediamenti ingiusti"
Gli attivisti di Breaking the Silence, organizzazione creata da ex soldati israeliani contrari all’occupazione israeliana della Cisgiordania all’assedio della Striscia di Gaza, cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione di questi insediamenti che ritengono ingiusti. “Mentre a loro viene concessa con estrema facilità la possibilità di installarsi qui, ai palestinesi sono negate le autorizzazioni a edificare i terreni sui quali si trovano. Come se non bastasse, anche l’acqua, che ai coloni arriva senza problemi, per i palestinesi è di difficile accesso, dato che per averla devono fare richiesta e ottenere delle autorizzazioni”.
In alcune zone, si sta addirittura cercando di demolire gli edifici, compresa una scuola, di un’ottantina di persone. Un’azione senza spiegazione che ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica all’estero e ha fatto fioccare in questi posti numerosi volontari. Volontari che affiancano i palestinesi in questa difficile lotta per un’equità che appare sempre più un’utopia.