L’intervista

Parla il testimone finale dell’assassinio di John F. Kennedy

Incontro con Paul Landis, ex agente dei servizi segreti, che 60 anni fa a Dallas era al seguito del Presidente

  • 22 novembre 2023, 11:03
  • 22 novembre 2023, 12:17

Parla il testimone finale dell’assassinio di John F. Kennedy

RSI Info 17.11.2023, 18:00

  • RSI/Massimiliano Herber
Di: Massimiliano Herber,Corrispondente RSI negli Stati Uniti

Sul tavolo della sua abitazione in Ohio Paul Landis, oggi 88enne, ha già disposto le fotografie a lui più care. Quella di Jacqueline Kennedy con tanto di dedica; quelle con John John, con Caroline a cavallo e altri scatti durante il viaggio in Italia al seguito di Jackie nel 1962. E poi, la più grande in bianco e nero, quella del corteo funebre del Presidente John Fitzgerald Kennedy il 25 novembre 1963 a Washington.

Dal 1959 al 1964 Paul Landis è stato un agente dei Servizi segreti americani. Dal 1961 si è occupato della sicurezza dei figli del presidente prima e di sua moglie poi. Vista la giovane età il suo nome in codice era “Debut”. Era il lavoro dei suoi sogni, confessa, poi è divenuto un incubo. Il 22 novembre 1963 Paul venne assegnato a seguire il viaggio della coppia presidenziale a Dallas: “Seguivo la limousine del Presidente, ero a 25, 30 piedi [n.d.r.: 7, 9 metri] da lui”, ricorda, divenendo testimone dell’orrore. “Quello che ho visto e ho continuato a rivivere per mesi e anni dopo”, racconta Landis alla RSI, “è stata la testa del Presidente esplodere… come in un video che passa ininterrottamente”.

Landis con JFK JR.JPG

Con JFK Junior

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I momenti successivi ai tre spari sono convulsi. All’ospedale Parkland di Dallas è il caos, ma dopo quasi sessant’anni di silenzio in un libro di recente pubblicazione – The Final Witness – Paul Landis ha rivelato un dettaglio che diverge dalla versione ufficiale dell’uccisione del Presidente stabilita dalla Commissione Warren. L’ex agente segreto ricorda di aver raccolto nei sedili posteriori della limousine presidenziale un proiettile e di averlo poi lasciato sulla barella dove giaceva esanime JFK. “Volevo solo che quella prova non sparisse, che non finisse nelle mani di cacciatori di souvenir o chi altro, e una volta lasciata accanto al presidente mi sono sentito liberato”.

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Landis con gli occhiali da sole con i coniugi Kennedy

  • RSI/Massimiliano Herber

Landis non è mai stato interrogato dalla Commissione di inchiesta voluta dalla Casa Bianca e il dettaglio non è mai stato svelato nei rapporti di lavoro compilati all’epoca. Il ritrovamento di un proiettile nel retro della vettura (e dunque non fuoriuscito dal corpo del Governatore texano Connelly anche lui ferito) sconfessa la teoria della “pallottola magica”, il colpo la cui strana traiettoria ha colpito sia Kennedy sia, in più, punti il Governatore. E dunque rimetterebbe in discussione la conclusione di un unico tiratore ed unico responsabile della morte di JFK, Lee Harvey Oswald. 

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La dedica di Jackie Kennedy: “Grazie per l’aiuto a tutti noi in questi tre anni"

  • RSI/Massimiliano Herber

Ma la stesura del libro, iniziata quasi dieci anni fa, ha per Paul Landis un valore lenitivo e catartico. Pochi mesi dopo l’assassinio di Kennedy, l’allora 28enne originario dell’Ohio lasciò i Servizi segreti. Era ancora sotto choc e, per decenni, non ha mai voluto né parlare di quel giorno a Dallas né leggere o documentarsi su quanto avvenuto. Dopo una vita tra New York e Cleveland, e una carriera nel settore immobiliare, solo sfogliando un libro ricevuto in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Kennedy Landis si è reso conto di qualche discrepanza e della necessità di fare i conti con la propria storia e la propria memoria. Cosa voleva dimenticare, gli chiedo, cosa rappresenta quel giorno, incalzo, una speranza svanita, un fallimento professionale o altro…? “Tutti quelli che erano lì hanno sofferto in silenzio”, ha risposto ancora scosso, “dovevamo resistere. Ora ripensandoci penso sia l’errore più grande che ho mai fatto. Ma eravamo agenti dei servizi segreti. Dovevamo essere dei duri. Non potevamo sentirci così”. Tanto che quando ha terminato di scrivere il libro confessa di aver pianto “per dieci minuti abbondanti… Wow! Non pensavo di aver trattenuto così a lungo così tante emozioni”.

Non crede che le sue rivelazioni possano riaprire il caso JFK, ma dopo sessant’anni per lui si è chiuso il capitolo più doloroso della sua vita.

L’anniversario della morte del presidente Kennedy verrà ricordato anche questa sera al Telegiornale, con la diffusione dell’intervista a Paul Landis.

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