La Lincoln scura ha la capote abbassata. Procede lenta, scortata da poliziotti in moto e da una seconda vettura, tra due ali di folla, attraversa la Dealey Plaza, a Dallas, in Texas. Sono le 12.30 del 22 novembre 1963. A bordo il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, la first lady Jacqueline, il governatore del Texas John Connally Jr e sua moglie Nellie. Il passaggio è immortalato da un video in 8 mm, che dura poco più di 20 secondi. Lo gira un sarto di Dallas, Abraham Zapruder. Ha trovato un punto elevato e ha acceso la sua cinepresa Bell&Howell Zoomatic Director Series per inquadrare il corteo presidenziale.
John F. Kennedy a Dallas pochi minuti prima della sua morte
La decappottabile è appena comparsa, dopo una curva. Il presidente sta ricambiando i saluti, ma all’improvviso si porta le mani verso il collo, e piega la testa in avanti, reclinandola verso la first lady Jacqueline, seduta alla sua sinistra. È il primo colpo, quello che trapassa il collo di Kennedy ed esce dalla gola. Non si capisce immediatamente quello che sta accadendo, almeno finché JFK non viene raggiunto, dopo pochi istanti, dalla seconda pallottola, quella che gli squarcia la calotta cranica, sbalzandolo all’indietro. È il colpo fatale. Il dramma si compie. La first lady Jacqueline è coperta del sangue del marito. Sconvolta si lancia, carponi, lungo il bagagliaio, verso l’agente della sicurezza che segue a piedi l’auto e che ora si sta arrampicando veloce sulla limousine, mentre l’autista preme sull’acceleratore verso il pronto soccorso. La Lincoln esce dall’inquadratura. I medici del Parkland Hospital di Dallas certificano il decesso del presidente alle 13.00.
Le idee di JFK (e quelle dei suoi nemici)
John Fitzgerald Kennedy muore a 46 anni (è stato il più giovane presidente USA), dopo una presidenza durata 1’000 giorni. Gli Stati Uniti e il mondo sono sconvolti. Scompare il leader del Partito Democratico che, tra l’altro, aveva promosso politiche di welfare, di istruzione, approvato le rivendicazioni sui diritti civili di Martin Luther King. Con lui sparisce il politico del discorso del 1961 davanti al muro di Berlino, dell’impegno per la pace nell’epoca della Guerra Fredda, capace di evitare lo scontro bellico con il leader sovietico, Nikita Krusciov, nell’ottobre 1962, durante la crisi dei missili nucleari a Cuba e che rinuncia a invadere l’isola caraibica. Viene ucciso il premio Pulitzer che dà nuovo senso al rapporto Stato/cittadino e pone l’interesse generale davanti a quello personale: “Non chiedere cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Quando viene colpito a morte sta per ritirarsi dal conflitto in Vietnam (guerra che invece il suo successore, Lyndon Johnson, incrementerà).
60 anni dal discorso di Kennedy a Berlino
Telegiornale 26.06.2023, 20:00
L’arresto e il successivo omicidio di Oswald
Intanto con la vita di JFK si è spenta anche la cinepresa di Zapruder. Dopo l’attentato a JFK, gli agenti trovano un fucile (un Mannlicher-Carcano) e tre bossoli per terra, nell’edificio del Texas School Book Depository, dalla cui finestra (affacciata sulla Dealey Plaza) il killer ha aperto il fuoco. La polizia si rende conto che manca all’appello uno dei dipendenti: Lee Harvey Oswald. Verrà arrestato in un cinema e accusato non solo dell’assassinio di Kennedy, ma anche di quello dell’agente di polizia J. D. Tippit, che era impegnato nella ricerca dell’attentatore. Sul fucile vengono riscontrate le impronte di Oswald, e in tasca gli viene trovata una pistola compatibile con quella che ha sparato all’agente Tippit. Oswald ha 24 anni ed è un ex marine (dopo aver abbandonato il corpo, nell’ottobre 1959 aveva dichiarato all’ambasciata USA a Mosca di rinunciare alla cittadinanza americana, salvo poi rientrare negli Stati Uniti, con tanto di moglie russa).
Il tenente della polizia JC Day tiene in alto il fucile con mirino telescopico che sarebbe stato utilizzato nell'assassinio del presidente John F. Kennedy
Ora Oswald è nelle mani della polizia. Passano solo due giorni dall’attentato e, il 24 novembre, nel sotterraneo della stazione di polizia di Dallas, durante un trasferimento, anche lui viene ucciso. Il colpo di pistola viene sparato dal proprietario di un night club, Jack Ruby (secondo la polizia legato alla mafia). Afferma di essere un patriota turbato dalla morte del presidente. Lo sparo, di fatto, impedisce il processo contro Oswald e gli chiude la bocca per sempre, alimentando le tesi del complotto.
Jack Ruby (a destra) spara al presunto assassino di Kennedy, Lee Harvey Oswald (a sinistra). L'ufficiale di polizia in borghese a sinistra è JA Leaville (24 novembre 1963)
La verità giudiziaria e le tesi sul complotto
La tragedia è consegnata alla storia anche da quel video in 8 mm. Zapruder non può ancora sapere che le immagini che ha girato sono tra quelle che registrano gli ultimi istanti di vita del presidente. E non può ancora sapere che, dopo quel maledetto 22 novembre 1963, verranno trasmesse e ritrasmesse, per 60 anni; utilizzate per inchieste, documentari, film su uno degli omicidi più famosi della storia americana, e non solo. Quel filmato sarà sezionato. Ogni singolo fotogramma usato per accreditare tesi opposte: da una parte la versione ufficiale (ad uccidere il 35esimo presidente fu solo Lee Harvey Oswald), dall’altra le ipotesi su una cospirazione, in particolare quella secondo la quale l’assassinio di JFK sarebbe stato compiuto da più persone.
La richiesta dell’FBI alla polizia svizzera nel 1960
Un mistero nel mistero, riavvolgendo il nastro, lambisce anche la Svizzera. Tre anni prima dell’attentato nel 1960 (e dopo che Oswald aveva lasciato il corpo dei marine), il Federal Bureau of Investigation aveva cercato tracce di Oswald nella Confederazione, perché? L’FBI aveva chiesto informazioni alla polizia elvetica dopo aver saputo dalla madre di Oswald che il figlio aveva intenzione di studiare all’Istituto privato Albert Schweitzer di Churwalden (GR), che confermava l’ammissione con una lettera.
JFK - 24 ore che hanno cambiato il mondo
RSI Info 19.11.2023, 23:19
L’FBI chiese dunque alla polizia svizzera di chiarire se Oswald stesse frequentando i corsi e, in caso contrario, di indagare, per capire se un’altra persona potesse essersi spacciata per Oswald. Un funzionario dell’FBI a Parigi inviò una nota al direttore dell’FBI e citò la polizia svizzera: affermava che Oswald non si era mai presentato all’istituto. Era anche improbabile che si fosse registrato con un altro nome. Né era stato visto nessuno che assomigliasse alla persona ricercata. Fine.
La commissione d’inchiesta e la “pallottola magica”
La commissione d’inchiesta istituita dal successore di Kennedy, Lyndon B. Johnson, giunge inizialmente alla conclusione che Oswald abbia agito da solo. Lo certificherebbero le testimonianze raccolte e le prove balistiche. Il primo dispaccio giornalistico battuto da Merriman Smith, della United Press International, subito dopo l’attentato, aveva parlato di “tre colpi”. E anche la commissione di tre colpi parla, sparati da un moschetto C2766 Mannlicher-Carcano, fabbricato in Italia (e che a quanto pare Oswald ordinò per posta): il primo colpisce una parete, il terzo la testa del presidente, il secondo entra nella schiena di Kennedy, esce dalla gola, colpisce il governatore Connally, esce dal suo petto per poi ferirlo anche al braccio e alla coscia. Ma è proprio la descrizione della traiettoria del secondo proiettile (la cosiddetta “pallottola magica”, vista la traiettoria balistica così complicata e per molti inverosimile) che alimenterà ulteriormente le teorie del complotto.
Il proiettile trovato al Parkland Hospital, oggetto di una disputa su quale barella fosse (su quella di John F. Kennedy o su quella di Connally). I test mostrano che proviene dal fucile di Oswald ed è quasi intatto
La star del giornalismo Walter Cronkite, che il 22 novembre 1963 aveva annunciato sulla CBS la morte di JFK con la frase poi diventata famosa: “Il Presidente Kennedy è morto, circa 38 minuti or sono”, rivelerà in un’intervista di essere stato attentissimo, all’epoca, “a non raccogliere nulla di quello che anche le agenzie battevano, sospetti contro i cubani, i russi, la CIA, il Servizio segreto, Johnson, il Pentagono, la mafia”. Anche se è pur vero che poi, nel 1979, una commissione d’inchiesta della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti aveva dichiarato che Kennedy poteva essere stato vittima di una cospirazione. Conclusione che aveva rilanciato ancora una volta le teorie cospirazioniste di esperti, investigatori, opinionisti, semplici cittadini: è stata la mafia, gli anti-castristi (delusi perché JFK non aveva sostenuto lo sbarco alla Baia dei Porci a Cuba), il successore Lyndon B. Johnson in collaborazione con la CIA, la lobby militare contraria al ritiro del Vietnam, i gruppi di interesse petroliferi…
Desecretati i documenti su Kennedy
Telegiornale 26.10.2017, 22:00
Sessant’anni dopo l’attentato, in un libro pubblicato di recente – The Final Witness (L’ultimo testimone) – scritto da Paul Landis (un ex agente dei servizi segreti americani, guardia del corpo personale di Jacqueline, che seguiva a pochi metri la limousine di Kennedy quel 22 novembre 1963), emergono nuovi dettagli, mai rivelati prima (perché la commissione Warren non interrogò mai Landis, oggi 88enne). L’ex agente afferma che aveva trovato un proiettile nel retro della Lincoln. La cosa porta alcuni ad escludere la possibilità che fosse fuoriuscito dal corpo del governatore Connally (viaggiava davanti), altri a sconfessare la teoria della “pallottola magica” e/o a far pensare a un quarto proiettile (e quindi a un altro killer, visto che la commissione d’inchiesta concluse che non era possibile ricaricare il Mannlicher-Carcano per quattro volte in quel lasso di tempo). Si tratta comunque di supposizioni. Landis afferma di aver poi lasciato quel proiettile sulla barella dove giaceva JFK. Le rivelazioni di Landis stanno ora scatenando un nuovo dibattito.
RG 12.30 del 26.10.17 - L'intervista di Emiliano Bos al giudice federale Jack Tunheim, presidente negli anni Novanta della commissione per la revisione dei documenti sull'assassinio di John Fitzgerald Kennedy
RSI Info 26.10.2017, 14:02
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Resta il fatto che oggi, a 60 anni di distanza, nonostante gran parte degli incartamenti siano stati desecretati, gli Stati Uniti (e non solo) rimangono divisi tra quanti credono alla versione ufficiale, tra quanti sono convinti che di cospirazione si tratti e tra quanti continuano a chiedersi se qualcuno abbia davvero organizzato una cospirazione per uccidere John Fitzgerald Kennedy. E perché.
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John Fitzgerlad Kennedy: la verità nascosta (1./7)
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