Si sono chiuse le urne in Armenia, dove si votava domenica per le legislative anticipate volute dal premier riformatore Nikol Pashinyan. Nove partiti e due blocchi elettorali si contendevano i 101 seggi del Parlamento, con l'obbligo di raggiungere rispettivamente le soglie del 5 e del 7%. L'affluenza alle urne, secondo dati provvisori, sarebbe sorprendentemente bassa (sfiorava il 40% a tre ore dalla chiusura).
L'ex giornalista 43enne, arrivato al potere in maggio dopo diverse settimane di manifestazioni di piazza, ha fatto di tutto (ricorrendo al trucco delle dimissioni) per organizzare l'appuntamento nel suo momento di massima popolarità, senza attendere la naturale scadenza del 2022: attualmente la maggioranza dei seggi è nelle mani dei repubblicani dell'ex presidente Serzh Sarkisian, ma le cose sono destinate a cambiare radicalmente se si pensa che la formazione di Pashinyan in settembre ha vinto con oltre l'80% dei voti le elezioni comunali nella capitale Erevan.
Pashinyan, se confermato come previsto, mira a lottare contro la corruzione, a rilanciare l'economia attraverso il settore tecnologico e a lottare contro la povertà. Sul piano internazionale, l'orientamento non dovrebbe cambiare: il paese resterà nell'orbita di influenza russa pur con un quadro legale ispirato a quello europeo.