Bruce Lee era nato nell’ospedale cinese di San Francisco, ma come lui per decenni la comunità asiatico-americana è stata solo Kung fu, misteri ed esotismo da Chinatown. Per una notte da Oscar, i sette premi dell’Academy a “Everything, Everywhere, All At Once” hanno fatto parlare di loro, ma come a Hollywood raramente la cronaca parla della comunità asiatica negli Stati Uniti. È una minoranza spesso dimenticata, ma è pure quella che è cresciuta di più negli Stati Uniti dal Duemila a oggi. Gli “Asian Americans” sono “solo” il sei per cento della popolazione, concentrati però soprattutto in alcuni stati e centri urbani. In California un abitante su sei è d’origine asiatica, nella Bay Area di San Francisco addirittura uno su tre.

Asiatici negli USA: nazione d'origine
Negli ultimi due anni un solo fenomeno ha portato la comunità asiatica alla ribalta dell’attualità:
l’aumento dei crimini d’odio nei loro confronti. Episodi di xenofobia manifestatisi con aggressioni (fisiche e verbali), vandalismi, intimidazioni di ogni sorta. Il loro numero è dapprima raddoppiato e l’anno seguente triplicato dallo scoppio della pandemia di Covid-19, spesso chiamato con disprezzo “China-Virus”.
Jeff Chow, Tat Wong Kung Fu Academy, San Francisco
“Sono americano da otto generazioni, i miei avi vennero in California ai tempi della corsa all’oro – racconta
Jeff Chow, maestro di Kung fu a San Francisco, e non mi era mai capitato di confrontarmi con una simile ondata di odio. Molte persone hanno deciso di venire nella mia palestra esasperate dagli attacchi subiti negli ultimi due anni”. Gli fa eco,
Justin Zhu, 36 anni, attivista e – come molti nella baia – imprenditore informatico impiegato nel settore tecnologico: “Sembra di essere tornati ai tempi delle Leggi anti-asiatici di fine Ottocento… Dobbiamo reagire, per storia e sensibilità, pensiamo che il nostro contributo per integrarci passi solo attraverso il lavoro silenzioso, ma dobbiamo partecipare di più al processo politico e manifestare contro le violenze che subiamo”.
Trish Sargentini
C’è una statistica che in questo clima di avversione nei confronti degli Orientali è indice di un timore crescente e che fa da contraltare all’aumento dei crimini d’odio:
il boom di armi da fuoco acquistate. Un + 30 % nella comunità asiatica di persone che in passato non avevano mai usato pistole o fucili. Impaurita per il clima di intolleranza e di intimidazioni intorno a lei, Trish Sargentini, 34 anni, ingegnere biotech di origine filippina, due anni fa aveva deciso di acquistare una pistola. Poi quel timore è divenuta una passione e oggi regolarmente si allena al poligono, fa competizione e insegna a sparare ad altri della comunità asiatico-americana: “Sono nata e cresciuta a Los Angeles, durante gli scontri del 1992 (n.d.r.: che videro coinvolta la comunità d’origine coreana), ho sempre avuto paura delle armi da fuoco, ammette, ma ora sono una portatrice mi sento responsabile per la comunità di cui faccio parte e che rappresento”. Come nel film da Oscar… una comunità si sente sotto attacco e non vuole più recitare il ruolo della vittima inerme. Non è Hollywoodiana, ma è un pur sempre una catarsi molto americana.