La Corte suprema russa ha bocciato la sentenza promulgata nei confronti delle Pussy Riot ordinandone il riesame, ritenendo che ci siano motivi per cancellare o modificare la pena.
Le tre componenti del gruppo punk erano state condannate a due anni (una con la condizionale e quindi scarcerata), per teppismo aggravato da odio religioso per una preghiera anti-Putin intonata nella cattedrale ortodossa di Mosca.
In primo grado non sono però state indicate prove di odio contro un gruppo sociale, non è stata differita la pena anche se le tre hanno figli minorenni e non sono state riconosciute attenuanti.
Tra le circostanze ignorate dal tribunale di prima istanza per determinare una pena equa, la Corte suprema indica la giovane età delle imputate, la loro situazione famigliare, la loro vita, il carattere non violento delle loro azioni e l'opinione della parte lesa (credenti ortodossi, ndr), che non ha insistito per una pena rigida.
La decisione della massima istanza giudiziaria russa arriva alla vigilia di un'amnistia annunciata e a pochi mesi dalla fine dell'espiazione dei due anni di condanna (nel marzo del 2014).
ATS/AFP/LudoC.