ANALISI

Russia e talebani, un nuovo approccio

Nel segno del pragmatismo, e sullo sfondo delle tensioni con l’Occidente, Mosca vuole consolidare i rapporti con l’Afghanistan in mano ai fondamentalisti

  • 22.06.2024, 07:02
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I talebani hanno ripreso il controllo del Paese nell'agosto del 2021

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Di: Stefano Grazioli 

Nella strategia della ridefinizione degli equilibri politici mondiali la Russia sta privilegiando ovviamente il teatro euroasiatico, rafforzando in primo luogo i legami con le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale, con la Cina, il più grande alleato in chiave anti-statunitense, e i paesi già reietti dall’Occidente, come l’Iran e la Corea del Nord. Non solo: anche con l’Afghanistan, Stato chiave della regione che, dopo il disastro dell’operazione militare guidata dagli Stati Uniti e dalla NATO conclusasi dopo vent’anni nel 2021, ha visto il ritorno al potere dei talebani, Mosca vuole intraprendere nuovi rapporti. Lo hanno segnalato nelle scorse settimane nuovi contatti tra i rappresentanti dei due Paesi, tra l’altro con una delegazione proveniente da Kabul presente al Forum Economico di San Pietroburgo, le dichiarazioni del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov sulla necessità di togliere i talebani dalle lista delle organizzazioni terroristiche stilata da Mosca, e le parole dello stesso Vladimir Putin: il presidente russo ha affermato che bisogna confrontarsi con la realtà e chi comanda in Afghanistan sono appunto i fondamentalisti islamici.

Il Grande gioco

Già dalla seconda metà del XIX secolo l’Afghanistan ha fatto parte del Grande gioco geopolitico per la supremazia nella regione tra la Russia zarista e la Gran Bretagna. Questa rivalità si è prolungata nella seconda metà del XX secolo, con Mosca che è diventata un attore economico importante nel paese tra gli anni Cinquanta e Ottanta, fino all’occupazione militare e alla sconfitta con il ritiro nel 1989, coadiuvata dagli aiuti targati USA ai mujaheddin. La dissoluzione dell’URSS e l’instabilità hanno condotto poi al primo ritorno dei talebani a Kabul nel 1996 sino alla guerra cominciata nel 2001 dopo l’attacco alle Torri Gemelle, quando il Cremlino si è schierato con la Casa Bianca e l’Occidente nella guerra al terrorismo di matrice islamica. La questione della sicurezza regionale è sempre stata prioritaria per la Russia, che nelle repubbliche e sovietiche centroasiatiche ha seguito la doppia strategia nel perseguire i propri interessi nazionali, anche militari, e nel limitare l’influenza delle frange estremiste a cavallo tra Afghanistan e i Paesi limitrofi. Il secondo ritorno talebano al potere tre anni fa ha cambiato ancora una volta i rapporti di forza e dopo la predominanza statunitense il pendolo del Grande Gioco è tornato verso Mosca e verso Pechino, con le due potenze alleate destinate a riempire il vuoto lasciato da Washington.

I vantaggi reciproci

Soprattutto dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 i rapporti tra Russia e Afghanistan hanno preso slancio, cementati dal forte sentimento comune di opporsi al nemico comune, gli USA. In realtà le possibilità del Cremlino di influire sui talebani sono limitate, ma l’approccio, reciproco, è segnato dal pragmatismo, sulla linea di chi rispetto a Mosca gioca un ruolo maggiore, come la stessa Cina o il Pakistan. In ogni caso sono stati ricuciti gli strappi a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, quando i talebani hanno sostenuto le istanze indipendentiste della Cecenia in guerra con Mosca e si sono trovati Putin schierato con George W. Bush nella campagna contro Bin Laden. Kabul punta da una parte sulle forniture di materie prime dalla Russia, tra idrocarburi e grano, e in un paio d’anni sono stati firmati diversi accordi, anche per la costruzione di una centrale termoelettrica, mentre ancora sulla carta è il progetto, in discussione ormai da decenni, sulla pipeline (TAPI) che dovrebbe collegare il Turkmenistan al Pakistan e all’India facendo appunto dell’Afghanistan un paese di transito fondamentale.

La lotta all’estremismo

Prima della Russia, già all’inizio di giugno, anche il Kazakistan ha annunciato di voler rimuovere i talebani dalla lista delle organizzazioni terroristiche e di voler normalizzare quindi i rapporti con la leadership a Kabul. Anche per Astana, come per Mosca, la priorità è quella del contrasto al terrorismo estremista, che per ultimo ha colpito proprio nella capitale russa con l’attentato alla Crocus City Hall rivendicato dall’ISPK (Islamic State Province Khorasan). La questione è delicata e non priva di rischi, ma l’intenzione di fondo è quella di approfondire la comunicazione con i talebani per favorire il contenimento dell’estremismo ed evitare le tracimazioni dall’Afghanistan verso le repubbliche centroasiatiche e la Russia. In questo contesto sia Mosca, che Pechino si muovono con gli stessi interessi sia a livello bilaterale che all’interno della SCO, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai che raggruppa anche i Paesi ex sovietici della regione, l’India, l’Iran e il Pakistan. L’Afghanistan è dal 2012 membro osservatore, ma, almeno per ancora, ancora inattivo.

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Russia e Corea del Nord si difenderanno a vicenda

Telegiornale 19.06.2024, 20:00

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