Con un miliardo di utenti attivi è la sesta piattaforma social al mondo, ma anche l’app in assoluto più scaricata. Ora però a scaricare TikTok, nel senso di bandirla dai propri dispositivi professionali sono i governi e le istituzioni occidentali.
Non a Berna, dove l’Amministrazione federale ha detto martedì di non prevedere divieti per i propri dipendenti. In rapida sequenza, invece, Commissione europea, Consiglio UE e, sempre ieri, il Parlamento europeo, dopo Canada e Stati Uniti, hanno annunciato la messa al bando motivandola con la "protezione dei dati sensibili", che potrebbero finire nelle mani di Pechino. Ma già la scorsa estate il parlamento britannico aveva deciso di chiudere il proprio account sul popolare social per i rischi dettati dal fatto che fosse "troppo legato alla Cina".
Trasversale, dalla Cina all'Occidente
La reazione di quest’ultima, perché cinese è ByteDance, la società proprietaria di TikTok, è stata di gettarla sul piano della competizione economica: "Gli USA hanno tanta paura di un'app che piace ai giovani", ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning. "Ci opponiamo con forza - ha aggiunto - alla pratica sbagliata degli Stati Uniti di generalizzare il concetto di sicurezza nazionale, di abusare del potere statale e di sopprimere irragionevolmente le società di altri Paesi".
Il principio della prudenza
Ma c’è davvero irragionevolezza nelle autorità che hanno deciso questi bandi? In altri termini, i paventati rischi sui dati, ossia il fumo, servono a coprire l’arrosto, ovvero possibili intenti protezionistici a vantaggio dei social statunitensi, ancora più potenti ma sempre più in affanno? "Sicuramente c’è una miscela di convenienza politica e di necessità tecnica - risponde il giornalista informatico Paolo Attivissimo -. Non è infatti la prima volta che la Cina usa sistemi di vario tipo per acquisire informazioni sugli altri Paesi. Dal resto è qualcosa che altri Paesi fanno con la sorveglianza elettronica passiva attraverso i dati pubblici e anche con i dati accessibili e acquisibili tramite le app". Gli Stati Uniti stessi, si ricorderà il caso Snowden e le intercettazioni della National Security Agency, hanno una lunga e opaca storia nel campo dello spionaggio.
Ma il fatto che tali pratiche possano essere diffuse depone semmai, secondo l’esperto, a favore di una accresciuta attenzione: "Nel caso della Commissione europea vale soprattutto il principio della prudenza sui dispositivi che fanno parte della propria rete mobile".
Trump mette al bando TikTok
Telegiornale 18.09.2020, 20:00
Sotto gli occhi del Dragone
Per chi è del settore gli scenari, continua Attivissimo, risultano abbastanza ovvi: "C’è un'app, TikTok, che viene gestita indirettamente dal Governo cinese e poco importa che abbia delle sedi all’estero, ad esempio in Europa, soggette a normative europee. Resta il fatto che non è difficile acquisire informazioni sulla localizzazione o colocalizzazione dei moltissimi che hanno scaricato l'app. È un rischio che è meglio non correre”. Lo scopo? "Magari quello di sapere quali membri della Commissione europea hanno partecipato a una certa riunione. Basterebbe verificare, tramite i loro TikTok, quanti erano a una tal ora in uno stesso luogo. Intendiamoci, sono cose che tecnicamente potrebbe fare anche Google".
Tra sicurezza e protezionismo
A parlare, tra i primi, di TikTok come minaccia per la sicurezza nazionale era stato nel 2020 l’allora presidente degli USA Donald Trump. Il dibattito da allora è oscillato tra la vendita forzata e la chiusura del social negli Stati Uniti, dando al contempo sfogo al sospetto - ribadito ora dalla Cina - che si vogliano favorire le società statunitensi. Una spiegazione che, secondo il giornalista, "probabilmente si colloca in basso nelle priorità di chi ha preso questa decisione. Fa chiaramente comodo poter sabotare l’acquisizione di mercato da parte di un concorrente straniero. Ma il problema della sicurezza dei dati si pone, in generale, per tutte le applicazioni, come Facebook o WhatsApp, che espongono a rischi quando si trovano su dispositivi professionali. Meglio, se possibile, evitare".
I giganti della piazza virtuale
Un principio che lo stesso Attivissimo applica in prima persona: "Per prudenza ho scaricato WhatsApp su un telefonino a parte, in modo che Meta (il gigante proprietario dell’app di messaggistica, come anche di Instagram e Facebook, ndr.) non possa avere accesso alla mia rubrica telefonica. Il problema è che siamo così abituati a condividere i dati da non renderci più conto che stiamo, in un certo senso, tradendo la fiducia delle persone che ci hanno affidato, in via confidenziale, il loro numero e le loro informazioni personali. Come giornalista non posso mettere questi dati a disposizione di Meta. Per quante garanzie possa darmi, l’incidente può sempre capitare".
Certificazione, chi la spunta
Da questo punto di vista il cammino verso una maggiore sicurezza sui social appare ancora molto lungo. Un passo, discutibile, è stato compiuto da Twitter con la spunta blu, a pagamento, per certificare l’autenticità degli account. "In questo momento c’è una grossa crisi di fiducia verso le identità di chi incontriamo online. Twitter si trova in una fase di trasformazione drammatica e abbastanza confusa che si osserva anche nella mancanza di chiarezza sul valore dei singoli bollini in una costellazione di varia forma e colore.
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Scorrendo i tweet non c’è una visione sufficientemente chiara su chi è autentico o ha semplicemente pagato 8 dollari per il bollino blu”. A Twitter va comunque reso un merito: "Ha fatto una buona cosa infrangendo quello che era un tabù. Ora anche per i social network di Meta si parla di introdurre un livello a pagamento per un’autentificazione che presumo verrà fatta con maggiori garanzie, cioè immagino attraverso un documento o un’altra certificazione di identità".
Non solo canzonette
La battaglia in corso attorno a TikTok si combatte invece ai piani alti della geopolitica. Difficile ipotizzare ricadute su quelli bassi, ossia se ci saranno effetti sulla crescita della piattaforma di video, canzonette e cotillon. Non lo crede Attivissimo: "Questa notizia all’utente comune, a chi pensa di non aver nulla da proteggere o nascondere, non farà né caldo né freddo. Anche perché non è facile capire cosa può succedere quando un’azienda ha accesso agli spostamenti, ai gusti e agli orientamenti politici, sessuali e religiosi di miliardi di persone. Diventa una possibilità per controllare la massa. Ma questi sono discorsi da addetti ai lavori e poco percepiti dall’utente medio che vede nell’app un giochino e niente più".