In Italia, a partire da martedì mattina, librerie, cartolerie, lavanderie e negozi per bambini potranno riaprire i battenti. Piccole aperture concesse dal nuovo decreto del Governo, in virtù del costante calo dei contagi. Resteranno chiuse invece in Lombardia, dove l’epidemia rallenta ma non cala come sperato. A Milano i nuovi casi sono addirittura in aumento e i decessi restano sempre troppo alti.
"Dati non soddisfacenti", li ha definiti l'assessore del welfare Giulio Gallera: 1'262 casi in più, portando il totale a 60'300. La costante diminuizione di ricoveri in terapia intensiva è l'unico dato confortante, mentre i decessi hanno raggiunto quota 10'900 (+ 280 in un giorno solo, il doppio rispetto a domenica). La curva dell'epidemia in Lombardia è stabile, quindi, ma non decresce come desiderato.
"In Lombardia il virus ha circolato molto tra la popolazione prima ancora del lockdown", spiega ai microfoni della RSI Pirerluigi Lopalco, virologo, professore all'università di Pisa nonché consigliere scientifico della Regione Puglia. "E anche dopo la chiusura sono rimaste comunque aperte alcune attività, in una zona comunque molto densamente popolata. La circolazione del virus non è stata interrotta ma solo rallentata".
Preoccupa la costante crescita di contagi a Milano e provincia (+481, per un totale di 14'161). L'assessore Gallera punta il dito contro la troppa gente ancora in giro. È davvero così? "Milano è una città con tantissimi contatti anche in questo momento, per le attività lavorative in corso", spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Universita degli studi di Milano. "Di fatto c'è una certa mobilità legata alla grande attività industriale ma anche al contesto sociale del nostro territorio: grandi condomini e situazioni dove la vicinanza tra le persone è più facile, anche semplicemente nell'androne del palazzo".
L'incognita ora è se la discesa troppo lenta della curva lombarda obblighi il cuore economico dell'Italia a posticipare la possibile riapertura delle attività prevista per il 3 maggio.