“È un’azione dimostrativa: Trump vuole far vedere di essere pronto all’azione in breve tempo. Non vuole lasciar credere che gli Stati Uniti indugino; accusa il regime siriano dell’attacco chimico contro i civili e quindi ha lanciato una rappresaglia molto dura ma limitata”. Sono parole di Guido Olimpio, analista ed esperto di sicurezza e strategia militare del Corriere della sera, interpellato dal Radiogiornale della RSI dopo l’attacco statunitense sferrato contro la base aerea siriana di Shayrat, nella regione di Homs.
L'inizio di una campagna?
Non si tratterebbe, quindi, dell’inizio di una campagna vera e propria. “Secondo i comunicati del Pentagono – continua Olimpio – si tratta di una rappresaglia proporzionata a quanto avvenuto a Khan Shaykhun”, dove martedì una sessantina di persone, fra cui molti bambini, sono morte a seguito di un attacco chimico. Attacco che molti paesi attribuiscono al Governo di Bashar al-Assad.
L’intento della Casa Bianca sarebbe dunque quello di mandare un messaggio: “Ma l’evoluzione sul terreno potrebbe riservare sorprese, anche se Trump mantiene una certa cautela sul conflitto siriano: non ha mai dichiarato di voler entrare in guerra”.
Un messaggio inviato alla Siria, ma anche alla Russia: “Il Dipartimento di Stato americano ha detto ‘ i russi o sono incompetenti o sono complici di Assad’, in quanto sembra che i militari della Federazione fossero presenti nella base da cui è stato sferrato l’attacco chimico”.
Un messaggio rivolto anche a Pyongyang
L’azione di oggi, continua Olimpio, è rivolta anche alla Corea del Nord: “Anche questo fronte è aperto: sono frequenti le azioni dimostrative di Pyongyang. Con questo bombardamento, Trump in qualche modo lancia un avvertimento: siamo pronti ad intervenire”.
Radiogiornale/ludoC
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