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USA, in migliaia in piazza per Gaza. “Harris ci ascolti”

I manifestanti, arrivati da tutti gli Stati Uniti, chiedono il cessate il fuoco in Medio Oriente nel giorno dell’apertura della Convention democratica a Chicago

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I manifestanti chiedono il cessate il fuoco a Gaza. Chicago, 19 agosto 2024

Di: ATS/RSI Info

 “Siamo almeno 15’000” a manifestare a Union Park contro “killer Kamala Harris e genocide Joe”. Lo affermano gli organizzatori della manifestazione in corso a Chicago, a pochi passi dallo Union Center che ospita la convention democratica. I numeri sono ancora preliminari perché il flusso di gente a Union Park continua ad aumentare con il passare delle ore. Fra i manifestanti ci sono giovani e non, bambini con le mamme, migranti che chiedono una soluzione dell’emergenza al confine con il Messico che non sia a scapito di chi arriva nel Paese. Ma anche molti rappresentati della comunità Lgbtq+ e donne che vogliono da Kamala Harris la difesa della loro libertà di scelta.

Le migliaia di persone, giunte da tutti gli Stati Uniti, vogliono far sentire la loro voce ai democratici. Il loro messaggio è chiaro: a Gaza serve un cessate il fuoco e l’America deve smetterla di essere complice di Israele nel genocidio dei palestinesi. A rischio ci sono “i nostri voti e quindi la vostra vittoria”. A Union Park, Chicago, a pochi passi dallo United Center che ospita la convention democratica, sventolano bandiere palestinesi e sul palco allestito per l’occasione si alternano speaker che chiedono la fine delle ostilità, attaccano l’amministrazione Biden-Harris e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, un “criminale di guerra”. Con la loro voce vogliono parlare direttamente a Kamala Harris ed essere ascoltati.

Pur ritenendo la candidata democratica più aperta alla loro causa rispetto a Joe Biden, vogliono sgombrare il campo da ogni dubbio: serve un cambio di passo concreto su Israele. “Nessun cessate il fuoco, nessun voto. Nessun embargo delle armi, nessun voto”, dicono cercando di far leva sulle divisioni all’interno del partito democratico, con i progressisti -Bernie Sanders in testa - che hanno posizioni ben più dure dell’amministrazione su Gaza. Harris non appoggia un embargo delle armi per Israele - non è contenuto neanche nella piattaforma dei democratici nonostante la pressione dei delegati ‘uncommitted’ - e preme per un cessate il fuoco immediato con il rilascio degli ostaggi. Incontrando Netanyahu nelle scorse settimane, la vicepresidente ha comunque assicurato che non starà in silenzio di fronte a quanto accade a Gaza.

“La narrativa è quella di uno scontro religioso, ma non è nulla del genere: quello a cui assistiamo è un conflitto politico. Il sionismo non ha nulla a che fare con l’ebraismo, è solo dannoso per la popolazione”, dice il 52enne Nakum Yudah, ebreo ortodosso arrivato dall’Indiana e scappato dalla Palestina pochi mesi fa. “Ho visto molta brutalità. Molti miei amici ebrei sono finiti in carcere senza motivo. Io sono riuscito a fuggire”, racconta ancora. Yudah fa parte della NkUsa, associazione di ebrei ortodossi che si oppone al sionismo e deplora la persecuzione dei palestinesi.

La polizia presidia a distanza la manifestazione nel rispetto del Primo Emendamento. Agenti in bicicletta percorrono il perimetro del parco controllando che tutto si svolga senza incidenti. Per la convention democratica e le manifestazioni in programma durante i quattro giorni della kermesse sono schierati 12’000 agenti e sono pronti a intervenire, in caso di necessità, 250 agenti della Guardia Nazionale. Per ora le prime proteste si sono svolte in modo ordinato e non c’è stata alcuna tensione, allentando i timori di un ripetersi del 1968.

Mentre da Union Park si alza il grido della frustrazione dei giovani americani contro il sistema che consente il “genocidio a Gaza”, a Little Palestine - area a pochi chilometri da Chicago dove risiede la maggiore popolazione palestinese degli Stati Uniti - la rabbia è palpabile anche senza striscioni e canti. “Non avranno il nostro voto. Non sono i benvenuti qui”, è il loro messaggio. Ricordando il loro duro lavoro svolto da molti di loro nel 2020 per far eleggere Joe Biden, si sentono traditi dall’amministrazione e alle elezioni faranno sentire la loro protesta. Non voteranno, anche se questo potrebbe costare la vittoria di Donald Trump.

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