Il Nobel per la pace attribuito venerdì a Abiy Ahmed Ali, premier etiope, è innanzitutto "il riconoscimento dell'attenzione che merita questa regione, trascurata dai media e dalla grande politica ma cruciale anche su scala mondiale, se si pensa all'importanza del Mar Rosso". A parlare, al radiogiornale, è Uoldelul Chelati Dirar, professore di storia delle istituzioni dell'Africa all'Università di Macerata.
RG 18.30 dell'11.10.2019 Il servizio di Lucia Mottini
RSI Info 11.10.2019, 21:30
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Non è un premio per un processo concluso, ma appena agli inizi: "Se si leggono le motivazioni nell'annuncio ufficiale, si sottolineano i risultati raggiunti come aperture democratiche, liberazione di prigionieri, maggiore spazio in politica per le donne e avvio degli accordi di pace con l'Eritrea, ma si sottolineano anche le grandi criticità e si fa capire come si tratti di un incoraggiamento a raggiungere obiettivi, anche sul piano economico e della sicurezza del territorio, che oggi appaiono ancora lontani", afferma Dirar.
Nelle relazioni fra Addis Abeba e Asmara sussiste comunque, conclude Dirar, "una situazione di asimmetria, non solo economica ma anche politica". Pur con i suoi limiti, "l'Etiopia è una democrazia, mentre l'Eritrea è bloccata in una dittatura per ora senza spiragli".
Nobel per la Pace ad Abiy Ahmed Ali
Telegiornale 11.10.2019, 22:00