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Un mandato di arresto che divide

Caso Netanyahu-Gallant: per l’Unione Europea la decisione della Corte penale internazionale deve essere rispettata; diversi paesi però non si sbilanciano sulla sua applicazione

  • Oggi, 14:43
  • 2 ore fa
03:09

Radiogiornale 22.11.2024 La diretta di Naima Chicherio

RSI Info 22.11.2024, 14:15

  • keystone
Di: Radiogiornale/AlesS 

“Questo mandato di arresto, l’Unione Europea deve rispettarlo e applicarlo”. Sono le parole usate giovedì dall’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri Joseph Borrell dopo la decisione emessa dalla Corte penale internazionale nei confronti del premier israeliano Benyamin Netanyahu e del suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant (e nei confronti del leader di Hamas Mohammed Deif, ndr). Una misura che vale per 124 paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma.

Le divisioni però sono dietro l’angolo: il primo ministro ungherese Viktor Orban ha per esempio garantito a Netanyahu l’immunità, mentre i Paesi Bassi hanno affermato di aver pronte le manette. Anche il Regno Unito ha dichiarato che “rispetterà i suoi obblighi legali”. Altre nazioni ricorrono invece a prese di posizioni più da equilibriste come la Germania, grande alleata di Israele. Berlino ha affermato di esaminare “cosa significhi applicare il mandato”, confermando allo stesso tempo però la legittimità della Corte. Una legittimità confermata anche dalla Francia che “prende atto che ora questo mandato esiste”.

Anche l’Italia non si sbilancia con il ministro degli esteri Antonio Tajani che ha dichiarato di voler valutare insieme agli alleati cosa fare e come interpretare questa sentenza.

Una sentenza definita dagli Stati Uniti (non firmatari dello statuto di Roma) “vergognosa”. Dal 2002, la Corte penale ha emesso 56 mandati, 21 si sono tradotti in un arresto.

La Svizzera è firmataria dello Statuto di Roma e dovrebbe arrestare Netanyahu

In linea di principio, la Confederazione dovrebbe arrestare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu se dovesse venire in Svizzera. Stando all’Ufficio federale di giustizia (UFG), in qualità di Stato parte dello Statuto di Roma, Berna è obbligata a cooperare con la Corte penale internazionale (CPI). In virtù di questo obbligo, Berna dovrebbe in linea di principio arrestare Netanyahu o gli altri imputati al loro eventuale arrivo in Svizzera e avviare la procedura di trasferimento alla CPI, ha dichiarato oggi l’UFG a Keystone-ATS. Se il mandato d’arresto riguarda un capo di Stato o di governo in carica, che gode di immunità ai sensi del diritto internazionale pubblico, il Consiglio federale decide, su proposta del Dipartimento federale di giustizia e polizia, in merito alle questioni di immunità che si pongono al momento dell’esecuzione della richiesta, ha precisato l’UFG. La Svizzera ha ratificato lo Statuto di Roma, che costituisce la base giuridica della CPI, nel 2001, sottolinea l’UFG. La Svizzera “sostiene la Corte penale internazionale, la sua indipendenza e la lotta contro l’impunità in ogni circostanza”.

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