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CPI: mandati d’arresto per Netanyahu, Gallant e Deif

Motivati dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità nel quadro del conflitto a Gaza

  • 21 novembre, 13:29
  • 21 novembre, 21:32
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Il premier israeliano e l'ex ministro della difesa, qui in un'immagine dello scorso anno

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Di: AFP/Reuters/ANSA/ARi 

La Corte penale internazionale (CPI) ha emesso oggi, giovedì, mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comunemente noto come Mohammed Deif.

Per quanto concerne Netanyahu e Gallant i mandati sono motivati dalla CPI per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, riferisce una nota, parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”.

Anche il mandato nei confronti di Deif è stato spiccato per crimini di guerra e contro l’umanità. Si tratta però del capo militare che Israele sostiene di aver ucciso in un bombardamento lo scorso luglio. La Camera preliminare tuttavia, come indica il comunicato, ha disposto il mandato non essendo “in grado di stabilire se sia stato ucciso o sia ancora in vita”.

I giudici dell’Aia hanno così accolto le istanze presentate lo scorso maggio dal procuratore capo Karim Khan. Lo stesso alto tribunale ha respinto i ricorsi presentati da Israele, che respingeva la giurisdizione della CPI.

Critiche israeliane, soddisfazione di Hamas

“Non c’è niente di più giusto della guerra di Israele a Gaza”, ha reagito Netanyahu, accusando la CPI di “assurde menzogne” e assicurando che non cederà alla pressione ma proseguirà la guerra “fino a quando gli obiettivi non saranno stati raggiunti”. Il premier israeliano si dice vittima di una decisione “antisemita” e di un nuovo “processo Dreyfus”, con riferimento alla condanna per spionaggio di un capitano dell’esercito francese di religione ebraica alla fine del XIX secolo. Alfred Dreyfus venne riconosciuto in seguito come innocente e riabilitato. Il ministro degli esteri dello Stato ebraico, Gideon Saar, ha dal canto suo affermato che la Corte dell’Aia “ha perso tutta la sua legittimità”.

Di tutt’altro tenore la reazione di Hamas: per il movimento islamico i mandati di arresto spiccati giovedì sono “un passo importante verso la giustizia, che può portare a un risarcimento per le vittime in generale, ma rimane limitato e simbolico se non è sostenuto con ogni mezzo da tutti i Paesi del mondo”.

Prese di posizione sono arrivate anche dalla comunità internazionale, in particolare dall’UE, secondo la quale i mandati devono essere rispettati e applicati. Plaude alla decisione della Corte la Turchia. I mandati vengono invece “categoricamente respinti” dagli Stati Uniti, che appoggiano la tesi israeliana secondo la quale i giudici non sono competenti in questo caso.

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