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Un prezzo del petrolio basso basterebbe a fermare Putin?

Se il prezzo crollasse si aprirebbero ulteriori buchi nel bilancio di Mosca ma l’economia russa, negli ultimi tre anni, è cambiata e nuovi settori si stanno sviluppando

  • Ieri, 06:27
  • Ieri, 08:42
30:00

SEIDISERA del 25.01.2025

RSI Info 25.01.2025, 18:37

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Di: SEIDISERA/M. Ang. 

Per fermare l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina ci vuole il petrolio. O meglio: un prezzo del petrolio molto basso, “capace di danneggiare le casse dello Stato russo”. Così si è espresso, negli scorsi giorni, il presidente statunitense Donald Trump, che ha minacciato nuove sanzioni contro Mosca ma che si è anche detto pronto a discutere con il suo omologo russo Vladimir Putin.

Da parte sua il presidente russo ha contraccambiato questa disponibilità. Intanto i droni ucraini, da parecchie settimane, continuano a prendere di mira gli impianti petroliferi in Russia, provocando incendi e danni importanti. La trasmissione SEIDISERA ne ha parlato con il nostro collaboratore dalla Russia, Giuseppe D’Amato.

Partiamo da qui. Quanto questi continui attacchi ucraini stanno veramente danneggiando gli impianti petroliferi russi? Quanto fanno male alla Russia?

“Fanno malissimo. Fra giovedì e venerdì vi è stato il secondo maggiore attacco di sempre. Il Ministero della Difesa russo ha comunicato che sono stati abbattuti ben 121 droni nemici. A Ryazan è stata colpita, ad esempio, una raffineria che è fra le cinque maggiori del Paese. I danni sarebbero estremamente importanti. Secondo l’agenzia Reuters, nell’ultimo anno, sono state 10 le raffinerie strategiche, chiamiamole così, colpite. Fra azione dei droni e impossibilità di provvedere alla manutenzione a causa delle sanzioni internazionali, l’industria petrolifera russa ha perso il 13% delle sue potenzialità. Non è un caso che il prezzo della benzina in Russia sia aumentato in un anno del 7% e ora le quotazioni più alte degli ultimi dodici anni. L’altra sera è stata bombardata in Russia anche la maggiore fabbrica di microchip per la difesa”.

Trump vuole utilizzare anche il prezzo del petrolio come arma per costringere Putin a negoziare. Il presidente russo ha ribadito ieri di essere pronto a un dialogo. Possiamo affermare che Trump ha davvero scelto lo strumento giusto?

“Diciamo di sì. Le entrate provenienti dalla vendita di petrolio e gas rappresentano ancora un terzo di tutte le entrate del bilancio russo. Oggi le quotazioni a livello internazionale sono fra i 78 e gli 80 dollari al barile. I russi vendono applicando uno sconto di circa il 10% sul prezzo internazionale. Nel bilancio federale 2025 il valore del barile di petrolio è quotato 70 dollari. Quindi se a livello internazionale il prezzo crollasse, allora sì che si aprirebbero ulteriori buchi nel bilancio federale. Ma attenzione, l’economia russa negli ultimi tre anni è cambiata e nuovi settori si stanno sviluppando a scapito del settore petrolifero”.

L’economia russa in che condizioni si trova? Quanta preoccupazione c’è tra i cittadini russi?

“L’economia russa è in forte difficoltà. Gli specialisti parlano di prossima stagflazione (presenza in contemporanea di stagnazione e inflazione n.d.r.) o di recessione. Gli imprenditori sono irritati per numerose scelte del governo e della Banca centrale. Ad esempio il tasso di interesse al 21% sta procurando forti mal di pancia a tutti i settori economici tranne che a quello della difesa. La gente è soprattutto preoccupata per l’inflazione. Ufficialmente è al 9,5% e il prossimo anno è quotata, secondo la Banca centrale, al 10,7%. Il problema è che in alcuni settori i prezzi sono completamente fuori controllo. Vi dico solo questo per concludere, nel mondo esiste l’indice “Big Mac” per raffrontare prezzi, inflazione e potere d’acquisto fra la popolazione. In Russia abbiamo l’indice “borsch”, è il piatto nazionale, la minestra nazionale. Ebbene, il prezzo degli ingredienti per fare il borsch è aumentato in un anno del 30%, quindi altro che 9,5%”.

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