La condanna del cardinale Angelo Becciu a cinque anni e sei mesi di reclusione, al termine del processo sulla gestione dei fondi della segreteria di Stato vaticana e la compravendita del palazzo di Londra, fa definitivamente tramontare un’epoca Quella della segreteria di Stato, di cui Becciu è stato sostituto (e cioè numero due), accentratrice di potere, “ministero” d’Oltretevere capace di fare il bello e cattivo tempo decidendo investimenti anche con i soldi destinati dai fedeli all’Obolo di San Pietro.
Francesco aveva iniziato a togliere potere alla segreteria già nel 2020, quando su Becciu iniziarono a uscire le prime accuse. In sostanza, per volere del Papa, venne tolta qualsiasi risorsa economica alla segreteria, compreso il fondo che fino ad allora era a disposizione del sostituto e nel quale confluivano anche parte dei soldi dell’Obolo. Con quella decisione, di fatto, il dicastero era divenuto a tutti gli effetti “senza portafoglio”. Ogni competenza da quel momento passò nelle mani dell’Apsa con il controllo della Segreteria per l’Economia: tutta la liquidità, che ha portato anche agli investimenti criminosi, venne messa nelle mani dell’allora guida dell’Economia il gesuita padre Juan Antonio Guerrero Alves.
La mossa venne fatta anche per togliere potere alla figura del sostituto, oggi il venezuelano Edgar Peña Parra. Per il futuro Francesco non vuole più che il sostituto subisca pressioni esterne ma insieme anche che possa esercitarle. Il processo conclusosi oggi è anche di queste pressioni che parla, operazioni per il Papa indigeste.
L’attuale segretario di Stato è il cardinale italiano Pietro Parolin. Fin da subito Parolin è stato un alleato importante del Papa in questa operazione di pulizia. Non a caso, quando scoppiò lo scandalo di Londra, Parolin parlò subito di un’operazione “opaca” e sulla quale era giusto fare chiarezza. Nel maggio del 2020, durante un summit con i capi dicastero vaticani convocato per parlare dei conti pubblici, Francesco e Parolin convennero sulla giustezza della decisione di accentrare ogni liquidità nella mani dell’Apsa. Il tentativo fu anche quello di non permettere più che faccendieri, per la maggior parte italiani, mettessero le mani sui soldi della Santa Sede sfruttando l’ingenuità, a volte anche la malafede, di porporati e presuli.
Vatileaks - la fuga di notizie nel 2012 dall’appartamento papale verso fuori la Città del Vaticano - fu letto, durante il Conclave del 2013, come uno scandalo tutto italiano, provocato dall’incompetenza ma anche dalla corruzione di uomini di Chiesa per la maggior parte italiani. Per questo i cardinali sconfissero le cordate italiane e si concentrarono su Bergoglio. Il mandato fu quello di una riforma che spezzasse proprio queste logiche. La strada è stata accidentata. E ancora un tratto deve essere percorso. Ma intanto la svolta messa in cantiere nel 2020 e che con la sentenza di oggi ha un suo compimento segna un punto di non ritorno. La segreteria di Stato che papa Paolo VI aveva reso più potente per motivi pratici — aveva bisogno accanto a sé di un super-ministero che desse corpo a ogni sua decisione — ritorna a essere un dicastero di mero servizio. E senza portafoglio.
Cinque anni e mezzo al cardinal Becciu
Telegiornale 16.12.2023, 20:00