Altri ostaggi israeliani che finora erano tenuti nelle mani di Hamas dovrebbero essere liberati oggi, sabato, nell’ambito dell’accordo per un momentaneo cessate il fuoco.
Il servizio penitenziario israeliano ha ricevuto una lista di 42 detenuti palestinesi, donne e minori, da liberare oggi in vista dello scambio con gli ostaggi israeliani trattenuti di Hamas a Gaza. Secondo media internazionali, i rapiti israeliani a essere liberati oggi potrebbero essere 14, sulla base del rapporto di un ostaggio per tre detenuti palestinesi.
La tregua iniziata ieri dovrebbe durare quattro giorni: è stata resa possibile dall’intermediazione del Qatar, con il sostegno di Egitto e Stati Uniti. Prevede il rilascio di 50 ostaggi rapiti lo scorso 7 ottobre dal movimento islamista palestinese, in cambio della liberazione 150 palestinesi – non colpevoli di reati di sangue – detenuti nelle carceri dello Stato ebraico.
Il video di propaganda della consegna degli ostaggi alla Croce Rossa da parte di Hamas
RSI Info 25.11.2023, 08:54
Un video di propaganda di circa due minuti diffuso venerdì sera da Hamas mostra combattenti mascherati, armati di fucile e in tenuta militare, con la fascia verde dell’ala armata del movimento, che consegnano ostaggi alla Croce Rossa Internazionale.
I primi 24 ostaggi (13 israeliani, dieci thailandesi e un filippino) sono arrivati in Israele attraverso l’Egitto. Israele, da parte sua, ha finora rilasciato 39 palestinesi detenuti nelle sue prigioni.
“Questo è solo l’inizio, ma finora sta andando bene”, ha dichiarato venerdì il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, aggiungendo che c’è una “reale possibilità” di estendere la tregua. “Nei prossimi giorni, ci aspettiamo che decine di ostaggi si riuniscano alle loro famiglie”, ha dichiarato.
Previsti altri rilasci
Sabato il Qatar dovrebbe annunciare il numero di ostaggi e prigionieri che saranno rilasciati nel corso della giornata. Le autorità israeliane hanno dichiarato di aver ricevuto la lista, ma non hanno specificato il numero o il momento previsto per il rilascio.
“Ci sono ancora circa 215 ostaggi a Gaza”, ha dichiarato il portavoce dell’esercito israeliano Doron Spielman. “Non sappiamo, in molti casi, se siano vivi o morti”, ha aggiunto.
Tra gli ostaggi rimasti ci sono 20 cittadini thailandesi, ha dichiarato sabato il Ministero degli Affari Esteri thailandese, auspicando che “vengano trattati umanamente e rilasciati illesi il prima possibile”.
A Tel Aviv, venerdì sera i volti sorridenti degli ostaggi liberati sono stati proiettati sulla facciata del Museo d’Arte, con la scritta: “Sono tornato a casa”. Nei pressi di un ospedale di Petah Tikva, alla periferia di Tel Aviv, la gente ha applaudito e sventolato bandiere israeliane all’avvicinarsi di due elicotteri che trasportavano gli ostaggi liberati.
L’esercito israeliano stima che circa 240 persone siano state rapite da Hamas durante il sanguinoso attacco dei commando islamisti al territorio israeliano il 7 ottobre. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che ha posto il rilascio degli ostaggi come condizione preliminare per qualsiasi cessate il fuoco, ha dichiarato venerdì di essere determinato a riportarli tutti in Israele.
Prima che i 24 ostaggi fossero liberati venerdì, Hamas aveva già rilasciato quattro persone e l’esercito israeliano ne aveva recuperata un’altra. Altri due prigionieri, tra cui un soldato, sono stati trovati morti a Gaza dalle truppe israeliane.
Accordo Israele-Hamas, scambio di prigionieri
Telegiornale 24.11.2023, 20:00
Festeggiamenti nella Cisgiordania occupata
Nella Cisgiordania occupata, scene di giubilo hanno accompagnato il ritorno dei prigionieri palestinesi rilasciati da Israele, come a Beitunia e più a nord, nel campo profughi di Nablus.
Sotto slogan, tra fuochi d’artificio, bandiere palestinesi e di vari movimenti, tra cui la bandiera verde di Hamas, i prigionieri rilasciati hanno abbracciato le loro famiglie e pianto tra le braccia dei parenti commossi.
A Gerusalemme Est, occupata da Israele dal 1967, invece, tutti i festeggiamenti sono stati vietati.
Secondo le autorità israeliane, il 7 ottobre 1’200 persone, per lo più civili, sono state uccise nell’attacco di Hamas, classificato come organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione Europea e Israele.
Per rappresaglia, Israele ha bombardato senza sosta la Striscia di Gaza e il 27 ottobre ha lanciato un’offensiva di terra per “eliminare” Hamas, al potere a Gaza dal 2007.
Secondo il governo di Hamas, nella Striscia di Gaza quasi 15’000 persone, tra cui oltre 6’000 bambini, sono state uccise dagli attacchi israeliani.
Una tregua fragile
La tregua offre un fragile momento di tregua alla popolazione di Gaza. Ma il frastuono della guerra è stato sostituito dai clacson degli ingorghi e dalle sirene delle ambulanze che cercano di farsi strada tra la massa di sfollati che lasciano gli ospedali e le scuole dove si erano rifugiati per “tornare a casa”.
Secondo le Nazioni Unite, più della metà delle case nel territorio sono state danneggiate o distrutte e 1,7 milioni di persone sono state sfollate sui 2,4 milioni della Striscia di Gaza.
E i volantini lanciati dall’esercito israeliano avvertono che “la guerra non è ancora finita”. L’esercito considera la parte nord del territorio, dove si trova Gaza City, una zona di combattimento e ha ordinato a tutti i civili di andarsene. “Tornare a nord è proibito e molto pericoloso”, avverte il volantino.
Nonostante questo avvertimento, diverse migliaia di palestinesi hanno cercato di raggiungere il nord di Gaza venerdì, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile del coordinamento umanitario.
La tregua dovrebbe anche permettere a un maggior numero di convogli di aiuti umanitari di entrare nella Striscia di Gaza, che è sottoposta al blocco israeliano da quando Hamas è salito al potere nel 2007 e che dal 9 ottobre si trova in uno stato di “assedio totale”, con Israele che ha tagliato le forniture di acqua, cibo, elettricità, medicinali e carburante.
Venerdì, 200 camion carichi di aiuti sono entrati a Gaza, secondo il dipartimento del Ministero della Difesa israeliano responsabile degli affari civili a Gaza. Si è trattato del più grande convoglio umanitario dall’inizio della guerra.
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