La lepre, una vita in perenne stato di allerta
La lepre comune è un mammifero che raramente supera i 5 kg di peso. È un animale molto discreto che si fida del colore marrone del suo manto per mimetizzarsi nell’ambiente. Non scava tane, ma è estremamente guardinga. Nei momenti di riposo si acquatta nella vegetazione, in una depressione del terreno oppure ben contro rami o pietre presenti al suolo. Grazie ai grandi occhi laterali e alle lunghe orecchie appuntite, la lepre scruta in continuazione l’ambiente circostante, sempre all’erta, per sfuggire ai propri predatori. E se si sente scoperta, all’improvviso, si lancia in corse velocissime e zigzaganti. L’animale sviluppa velocità notevolissime grazie alle lunghe e potenti zampe posteriori che scattano come molle e toccano terra ben davanti a quelle anteriori. Nei tratti rettilinei della sua corsa può raggiungere anche i 60 km orari.
lepre: campionessa di mimetismo
Il declino delle popolazioni di lepre in Svizzera
Come apprendiamo dall’”Atlante dei mammiferi della Svizzera e del Liechtenstein” curato dalla Società Svizzera di Biologia della Fauna e pubblicato nel 2021 dalle edizioni Haupt, la lepre è un animale delle steppe che avrebbe approfittato dei disboscamenti e della rotazione triennale delle culture introdotta nel Medioevo.
Insomma, lo sviluppo dell’agricoltura in passato, caratterizzato da tecniche poco intensive, ha regalato grandi vantaggi alla lepre che si è diffusa nelle zone aperte di quasi tutta Europa al di sotto dei 2000 metri. Mentre oggi, proprio l’agricoltura e la sua intensificazione sono fra le cause maggiori del drastico declino delle sue popolazioni. Sempre secondo l’Atlante svizzero dei mammiferi, attualmente in Svizzera si conta una densità media degli effettivi di 3 individui per km2, con punte fino a 10-20. Negli anni ’60 del secolo scorso, non era raro avere in Svizzera densità di 60 individui per km2. Accanto alle modifiche che riguardano l’intensità dell’agricoltura praticata in pianura e sulle colline svizzere, un altro fattore che impatta fortemente sugli effettivi di lepre comune è la presenza sempre maggiore di infrastrutture per il traffico. Le strade e le aree urbane interrompono i territori, frammentando le popolazioni di lepri e provocando direttamente molte perdite a causa degli impatti con i veicoli.
In Ticino un declino inesorabile
Il Ticino è un territorio coperto per metà da boschi, mentre sulle esigue pianure si affollano le aree urbanizzate, le strade e le ferrovie e l’agricoltura, soprattutto quella intensiva. C’è poco spazio per la lepre. Il mammifero deve accontentarsi di scampoli di territorio marginale per sopravvivere, perciò la densità di popolazione di questo animale da noi è piuttosto bassa: ce lo dice un rapporto dell’Ufficio cantonale della caccia e della pesca che fa il punto sui conteggi primaverili di quest’animale dal 1990 al 2014.
Tuttavia, esistono ancora alcune piccole zone che presentano delle popolazioni di lepre consistenti. Dunque, anche se la tendenza per questo animale è decisamente di segno negativo, permangono delle isole con segno positivo che rendono difficili le generalizzazioni. I dati riportati dal rapporto citato, inoltre, ci offrono lo spunto per intrecciare la storia della presenza della lepre nel nostro cantone con quella delle pratiche venatorie associate a questo animale. Fino alla fine degli anni ‘80 la lepre è stata intensamente cacciata nel nostro cantone e le catture erano numericamente importanti, ma tutto ciò era favorito da consistenti immissioni di lepri provenienti dall’estero o allevate in loco che soccombevano rapidamente a causa dell’elevata mortalità post-rilascio e della pressione venatoria. Dal 1989 si abbandonò la pratica dei ripopolamenti e il numero di lepri catturate nel Cantone diminuì drasticamente, di quasi 10 volte rispetto alla media 1980-1988: nel 1989 le lepri catturate furono 157. Sul rapporto annuale dell’Ufficio cantonale della caccia e della pesca scopriamo che le lepri comuni catturate dai cacciatori nel 2023 sono state 57, al di sotto della media cantonale 2004-2023 che ne contabilizza 68. Anche se negli anni sono state implementate da parte delle autorità alcune misure dirette di protezione della lepre comune, queste cifre evidenziano un inesorabile declino della densità di popolazione di questo animale, la cui causa principale è l’impatto delle attività e delle infrastrutture umane sul suo habitat.
Il progetto lepre della “Diana Vallemaggia”
Proprio i conteggi della lepre comune, effettuati dall’Ufficio cantonale della caccia e della pesca, nelle campagne di Lodano e Moghegno in Valle Maggia hanno evidenziato negli ultimi anni una forte diminuzione degli effettivi, in linea con l’andamento cantonale.
Vista la drammatica evoluzione, la “Diana Vallemaggia” - la locale associazione di caccia - ha deciso di sostenere un progetto per ridare respiro alla popolazione di lepre. L’associazione venatoria, accompagnata dal biologo Federico Tettamanti ha finanziato, con l’aiuto di altri enti, l’azione su due assi principali. Proprio perché la minaccia principale per la lepre è costituita dal degrado del suo habitat, in primo luogo, nell’area del progetto sono stati effettuati numerosi interventi che hanno rigenerato le strutture vegetali utili per nutrire e fornire rifugio all’animale. Aree con erba alta, siepi naturali e margini boschivi sono stati rigenerati e piantumati con specie vegetali autoctone foraggere. Poi, queste importantissime strutture ecologiche, indispensabili affinché la lepre possa prosperare, saranno mantenute negli anni grazie all’attività diretta sul campo da parte dei soci dell’associazione venatoria. Va detto che questo intervento favorirà indirettamente anche alcune specie di uccelli e micro-mammiferi presenti nella regione.
L’ultima fase del “progetto lepre”, la più ambiziosa e spettacolare, prevede il rinforzo della popolazione locale di lepri con alcuni esemplari dell’animale già ambientati e abituati alla vita in natura. Diciamolo subito, ci situiamo ad anni luce dai ripopolamenti di lepre comune che venivano svolti nel Cantone Ticino, fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, allora portati avanti con l’unico scopo di immettere sul territorio animali destinati ai carnieri dei cacciatori. Infatti, sull’area oggetto di questo progetto vige il divieto di caccia alla lepre. Inoltre, è stata verificata la compatibilità genetica degli animali immessi con le popolazioni locali. L’obiettivo dell’operazione è quello di garantire la sopravvivenza delle lepri liberate grazie alle strutture ecologiche costruite e rigenerate preventivamente attorno alla campagna di Lodano e Moghegno.
Campagna di Lodano: diradamento del bosco e costruzione di "casette" rifugio per lepri e piccoli micro-mammiferi
Lepri toscane
Le lepri rilasciate in Valle Maggia provengono dalla Lunigiana, o meglio dalla porzione toscana di questa regione storica italiana dai grandi contenuti paesaggistici e naturalistici. Qui la caccia alla lepre fa parte di una tradizione ancora molto ancorata nel territorio e non è raro scorgere i lepraioli con i loro inseparabili segugi esplorare i campi ornati dalle siepi naturali alla ricerca della tanto agognata preda. In parallelo, la stessa regione ha visto nascere e affermarsi, oramai da una decina d’anni, un progetto di recupero della lepre comune che coinvolge cacciatori, con le loro associazioni, biologi, agricoltori/allevatori.
Grazie a questo progetto si è costruita una grande competenza nella gestione delle popolazioni di lepre comune in relazione con l’evoluzione del territorio, anche qui non sempre favorevole all’animale. Il biologo Federico Tettamanti è proprio venuto qui a cercare le lepri da immettere in Valle Maggia. La collaborazione con l’omologo Paolo Bongi, biologo e tecnico faunistico lunigianese ha permesso di scovare gli esemplari idonei, frutto dell’allevamento locale certificato. Una delle caratteristiche vincenti del processo sviluppato in Lunigiana è l’aver implementato l’impiego di recinti di ambientamento. Le lepri, dopo lo svezzamento in gabbia, sono rilasciate in recinti di oltre due ettari che racchiudono porzioni di territorio rappresentative dell’ambiente in cui verranno rilasciate un paio di mesi dopo. Come ci racconta Paolo Bongi, in Lunigiana con questo procedimento si ottiene un buon successo di sopravvivenza degli animali liberati, con esemplari che vengono ritrovati fino a tre anni dopo il rilascio, sopravvissuti a predatori e cacciatori ed essendosi riprodotti più volte.
In Valle Maggia per ora sono arrivate quattro lepri, una purtroppo è morta subito dopo il rilascio, avvenimento non inusuale per questo tipo di operazione. Federico Tettamanti, che sta monitorando assiduamente il destino delle altre tre, ci dice che si stanno spostando molto nella campagna del fondovalle valmaggese e ci conferma il proprio ottimismo sul loro destino. Alle prime quattro lepri, ne seguiranno altre sei in primavera, in modo da rimpolpare il patrimonio genetico della popolazione di lepri di queste campagne.
lepre comune: primi passi da animale libero
Tutti uniti per la lepre e… per l’ambiente
Il progetto valmaggese sulla lepre, ci conferma il collaboratore scientifico Andrea Stampanoni, interessa anche l’Ufficio cantonale della caccia e della pesca, che l’ha sostenuto e che per primo con i suoi conteggi e monitoraggi costanti delle specie cacciabili, aveva messo in evidenza la sofferenza della popolazione di lepri nelle campagne di Lodano e Moghegno. Ma, solo tra qualche anno, le analisi scientifiche permetteranno di capire se, grazie all’unione degli intenti di cacciatori, agricoltori, biologi e autorità preposte del Ticino e della Lunigiana, la lepre comune ritroverà il posto che gli spetta nelle nostre campagne. E se questa unione di intenti allargata a tutti gli attori sul territorio costituisca una proficua via da battere per salvare altre specie oggi in difficoltà nel nostro territo.
Tutti uniti per la lepre
Giardino di Albert - servizio di Davide Conconi e Elia Regazzi 07.12.2024, 17:00