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Abete, addio

L'albero più comune in Svizzera soffre i mutamenti climatici. A nord delle Alpi, il bosco del futuro assomiglierà sempre di più a quello della Svizzera italiana

  • 28 maggio 2019, 07:46
  • 22 novembre, 22:06
01:48

L'abete rosso alle prese con l'impatto dei mutamenti climatici

RSI/D. Papacella 28.05.2019, 07:30

“Non è un caso che in tedesco lo chiamino l’albero del pane”, ci spiega Arthur Gessler, professore di ecologia degli ecosistemi all’Istituto federale per la ricerca sul bosco e il paesaggio di Birmensdorf (WSL). Per generazioni l’abete ha infatti assicurato il lavoro a boscaioli, segherie, carpentieri e falegnami. Dalla fine dell’Ottocento ad oggi è stato piantato ovunque, sostituendo il bosco autoctono di latifoglie; attorno a questa coltivazione è cresciuta tutta una filiera artigianale di fondamentale importanza per le regioni di campagna.

Arthur Gessler è docente presso l'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio

Arthur Gessler è docente presso l'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio

  • WSL

Ma adesso l’abete rosso sta male. Le sue radici non vanno in profondità. Negli ultimi anni si cumulano i periodi di siccità indebolendo i boschi. E questo favorisce la diffusione del bostrico che trova facile diffusione, soprattutto nelle monocolture, molto diffuse nell’Altipiano. E se poi arriva una tempesta straordinaria – ricordiamo Lothar, Viviane o Burglind – gli alberi cadono a terra come un castello di carte. Per i proprietari dei boschi è un disastro, perché i boscaioli cercano di salvare il salvabile vendendo i tronchi ancora intatti. Ma la quantità di legno che si riversa ogni anno sul mercato ha fatto crollare i prezzi e le entrate non coprono ormai più i costi delle imprese forestali.

Un nuovo bosco

Per questo ora si cambia rotta, afferma Stefan Probst, forestale del comprensorio Mittleres Gäu nel Canton Soletta: “Nelle radure create dalla tempesta piantiamo aceri, querce, tigli, ma anche noci e castagni”. Alberi indigeni, quindi, ma anche piante più consone al paesaggio sudalpino che a quello del Canton Soletta. “Il cambiamento climatico porta ad un aumento della temperatura – spiega il forestale – anche il noce e il castagno trovano ormai le condizioni ideali per vivere da noi”.

L'abete rosso è molto sensibile alla siccità

L'abete rosso è molto sensibile alla siccità

  • WSL

E il professore conferma: “Non sappiamo con precisione come sarà il clima fra 100 anni e quindi non sappiamo quali alberi si adatteranno meglio alle nuove condizioni meteorologiche. L’unica soluzione percorribile è diversificare il pacchetto azionario, come si fa in borsa, abbandonando la monocoltura per puntare sulla varietà delle specie”. In maniera minore si tiene comunque fede alle conifere, piantando l’abete canadese, la duglasia, più resistente alla siccità, ma non è un albero indigeno.

Svolta economica

L’effetto positivo di questa svolta è la maggiore biodiversità: nel bosco misto vivono molti più animali e uccelli che in una monocultura di abeti. Ma per i forestali si pone una questione esistenziale: una quercia si taglia dopo 160 anni, all’abete ne bastano 80. Inoltre, sfruttare economicamente un bosco misto è più complesso. A questo si aggiunge il fatto che l’industria si è orientata alla lavorazione dell’abete; importare il legname non è però una prospettiva allettante per il bosco svizzero.

In prospettiva, sensibili ripercussioni per l'economia forestale

In prospettiva, sensibili ripercussioni per l'economia forestale

  • rsi

“Ora la palla è nel campo della tecnologia”, afferma Arthur Gessler. “L’industria deve imparare a lavorare con altri tipi di legno”. Un problema centrale è che il tronco delle latifoglie non raggiunge l’altezza delle conifere. Per ottenere delle travi di analoga stabilità bisognerà quindi lavorare in modo diverso, per esempio con delle strutture lamellari.

Daniele Papacella

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