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Chiesa e pedofilia, l'uscita di scena di Zollner

Perché il gesuita tedesco ha annunciato le sue dimissioni? Che peso ha avuto il caso Rupnik? L'analisi

  • 23 aprile 2023, 07:03
  • 20 novembre, 11:28
In uno scatto del 2021

In uno scatto del 2021

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Di: Paolo Rodari 

Le recenti dimissioni di padre Hans Zollner, il gesuita tedesco noto per l’impegno nel campo della salvaguardia e della prevenzione degli abusi nella Chiesa cattolica, da membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, l’organismo istituito dal Papa nel 2014 per contrastare la piaga degli abusi del clero, dicono che ancora in tema di prevenzione della pedofilia non tutto cammina sui giusti binari all’interno del mondo cattolico.

La conferenza stampa

In una conferenza stampa che ha avuto luogo a Roma, infatti, Zollner, oltre a dirsi rammaricato per aver percepito che dei suoi contributi avanzati nei mesi scorsi sono stati interpretati da alcuni come attacchi personali, ha spiegato di non aver mai ricevuto risposta a quattro missive inviate dal maggio del 2022 in poi alla leadership della stessa Commissione.

In queste lettere esprimeva le sue preoccupazioni in merito alle tre questioni fondamentali che sono essenziali nella lotta contro gli abusi: trasparenza, compliance e responsabilità. La trasparenza, ha spiegato Zollner, è “la base di una Chiesa sinodale che permette la partecipazione di tanti”. La compliance è “la base della giustizia per cui le regole si applicano a tutti e nello stesso modo e non in modo arbitrario”. La responsabilità è “la base del rispetto reciproco e fraterno”. Ma, ha continuato il gesuita tedesco facendo comprendere il motivo profondo che lo ha indotto a dimettersi, “quando mancano trasparenza, compliance e responsabilità, si aprono le porte ad abusi e insabbiamento”. E ancora: “La Pontificia Commissione si è proposta di combattere queste terribili realtà. Se vuole farlo in modo credibile non può fare a meno di orientarsi a questi stessi principi”.

Chi è Zollner

Zollner non è l’ultimo arrivato in materia lotta agli abusi commessi dal clero sui minori. Direttore dell’Istituto di Antropologia, Studi interdisciplinari sulla dignità umana e sulla Cura dei vulnerabili alla Università Gregoriana, da membro del gruppo fondatore della Commissione vaticana ha contribuito a modellare e implementare molti dei suoi progetti e dei programmi, fra cui il Global Summit nel febbraio 2019, ovvero l’incontro convocato dal Papa in Vaticano con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo per riflettere sul male degli abusi e individuare strategie per contrastarlo. Se, dunque, oggi è lui a parlare di mancanza di trasparenza, compliance e responsabilità, significa che qualcosa internamente alla Santa Sede non va.

Le resistenze

Nella Chiesa cattolica le resistenze in merito alla lotta contro gli abusi ci sono sempre state. In passato era routine spostare da un incarico ad un altro un sacerdote accusato di abusi, con il benestare del vescovo di turno. Da quando Papa Benedetto XVI ha aperto con decisione la strada della “tolleranza zero” molto è cambiato in meglio, ma scorie dell’antica modalità di affronto del problema sono comunque rimaste. Come del resto ha detto lo stesso Papa Francesco in una recente intervista concessa alla RSI, seppure oggi la Chiesa non copre più gli abusi esistono ancora le “miserie umane”.

Il caso Rupnik

In questi anni Zollner è stata una voce fuori dal coro in tema di abusi. Nel senso che, a dispetto di una certa prudenza in merito manifestata dalle gerarchie, ha sempre spinto affinché la tolleranza zero sugli abusi non fosse solo uno slogan. Ne sono un esempio le parole che ha dedicato alla Chiesa italiana. Nonostante la presidenza della Conferenza episcopale italiana fosse molto prudente in merito, Zollner non ha esitato a chiedere che venisse svolta un’indagine interna sugli abusi commessi dal clero italiano guidata però dall’esterno, in scia a quanto avvenuto in Francia. Tuttavia, errori ne ha commessi anche lui. Fra questi non aver prestato la giusta attenzione al caso Rupnik, il pittore e mosaicista gesuita accusato di avere abusato sessualmente e psicologicamente di diverse suore. Una delle vittime di Rupnik inviò una lettera di denuncia a Zollner, ma lui non fece nulla. “Le mie dimissioni dalla Commissione non hanno nulla che vedere con il caso Rupnik”, ha comunque precisato Zollner nel corso della recente conferenza stampa, spiegando che quando ricevette la mail della vittima non era al corrente del procedimento canonico emesso dalla Congregazione della Fede contro Rupnik. “Ricevetti quella lettera il 15 giugno 2022 – ha detto ancora Zollner –. Oggi mi dico che avrei dovuto rispondere a questa persona, ed è stato un mio errore non averlo fatto”.

La risposta del cardinale O’Malley

Le dimissioni di Zollner dalla Commissione sono state prese con una certa diffidenza dal cardinale Sean Patrick O’Malley, arcivescovo cappuccino di Boston e presidente della stessa Commissione. Il porporato americano, che ha risollevato la diocesi di Boston dopo le coperture degli abusi fatte dal suo predecessore Bernard Law, si è detto “sorpreso, deluso e fortemente in disaccordo” con le affermazioni pubbliche di Zollner “che mettono in discussione l’efficacia della Commissione”. Tuttavia, una risposta pubblica alle parole di Zollner su trasparenza, compliance e responsabilità non sono arrivate da parte del porporato.

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