Il Premio Pulitzer libico Hisham Matar, riferendosi all'allora Giamahiria del Qaid Mu'ammar Gheddafi, scriveva "Nel Paese degli uomini" (In the Country of Men). Poi venne la rivoluzione del 17 febbraio 2011, la caduta del regime e la lunga guerra civile, di cui oggi si cerca di porre fine con un difficile processo di pace.
Dieci anni dopo, la Libia è ancora un Paese diviso. Da una parte c'è il Governo di accordo nazionale, a Tripoli. Dall'altra quello di Tobruk. Lo scorso ottobre è stato firmato un cessate il fuoco e si tenta di giungere ad elezioni unitarie, il 24 dicembre 2021. Nel mezzo, c'è una società civile, specie femminile, che prova a costruire un Paese diverso. È il caso del Tamazight Women's Movement, creato dall'attivista Asma Khalifa, che unisce la questione femminile e quella della discriminata minoranza Amazigh. Najlaa El Ageli ha fondato i Noon Arts Projects, che portano in giro per il mondo le opere dei maggiori artisti libici post rivoluzionari, come Hadia Gana.
Le donne di Libia e la rivoluzione
Donne in diaspora o che lottano nel Paese, spesso sfidando la morte. Come la parlamentare Siham Sergewa, rapita a Bengasi nel 2019 e l'avvocatessa Hanan Al Barassi, uccisa lo scorso novembre.
Gilberto Mastromatteo