Cento anni fa moriva, a Napoli quello che da allora viene definito il cantante più bravo del mondo e di tutti i tempi. Enrico Caruso, figlio di un metalmeccanico e di una donna delle pulizie, divenne presto la voce di Napoli nel mondo, quella Napoli che amò profondamente ma da cui si sentì tradito. La leggenda narra che al suo debutto al San Carlo il 30 dicembre 1901 con l’opera L’Elisir d’amore di Donizetti, il tenore, già reso grande altrove, fu fischiato dal pubblico.
I fischi, pare, non ci furono. Ma le critiche sì. Il mondo culturale napoletano era ancora legato allo stile canoro ottocentesco e non riuscì a capire la grandiosità del suo figlio più illustre. Questo fu probabilmente uno dei motivi che poi lo spinsero ad accettare la scrittura al Metropolitan Opera House di New York. Oltreoceano Caruso divenne la prima vera star internazionale di tutti i tempi.
Prestò il suo volto a diverse campagne pubblicitarie e fu molto attivo nel panorama culturale italoamericano. “Perché – diceva – io stesso sono un emigrante, seppur privilegiato”. A cent’anni dalla sua morte il mito di Enrico Caruso è più vivo che mai.
Mario Messina