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La nuova vita dell'Akagera Park

Il genocidio che si consumò in Ruanda negli anni Novanta non risparmiò nulla e nessuno. Ora, pian piano, sta tornando la normalità

  • 17 ottobre 2018, 07:53
  • 23 novembre, 00:03
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L'altra Africa (1)

RSI/Ruben Lagattolla - Cristiano Tinazzi 17.10.2018, 07:30

  • ©Ruben Lagattolla

Fondato nel 1934, il parco prende il nome dal fiume Kagera, che percorre i suoi confini orientali, dando origine a diversi laghi. Nel 1977 i suoi confini vengono più che dimezzati, passando da 2.500 a circa 1000 km quadrati, a causa della continua domanda di terra da parte della popolazione locale.

Negli anni '90, come conseguenza del genocidio contro la minoranza Tutsi che sconvolge il Ruanda lasciando sul terreno più di 800mila morti, il parco viene parzialmente occupato dai rifugiati che rientrano nel paese. A farne le spese sono gli animali. I leoni vengono avvelenati e centinaia di altri animali uccisi o cacciati via dal loro habitat.

Oggi il parco è protetto da una barriera elettrica lunga 120km e da unità anti bracconaggio, i leoni sono tornati (attualmente sono venti) insieme a dieci rari rinoceronti neri provenienti dal Sud Africa. E poi giraffe, 11 specie di antilopi, elefanti, ippopotami, zebre, iene e leopardi. E per chi vuole praticare il bird watching c'è l'imbarazzo della scelta, con più di 500 specie di uccelli.

Nonostante il paese sia principalmente conosciuto a livello turistico per i gorilla di montagna, il parco di Akagera è considerato per il complesso sistema di laghi e paludi di papiro che costituiscono oltre un terzo della sua estensione, la più grande area umida protetta dell'Africa centro-orientale.

Cristiano Tinazzi

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